L’eutanasia è un tema trasversale, che tocca esponenti di ogni parte politica e a volte anche alcuni cattolici. Non stupisce dunque che Vittorio Feltri, da sempre paladino della destra più integralista e conservatrice, si dichiari totalmente a favore della cosiddetta morte assistita. Lo fa nel suo editoriale per il quotidiano da lui diretto, Libero, riprendendo il caso di un ingegnere di Como che si è lasciato uccidere in Svizzera in quanto sofferente di depressione. Il caso è diverso dal solito, quando a chiedere di morire sono malati fisici, che non sopportano più le loro condizioni e le loro sofferenze. Certo, anche la depressione è una sofferenza a volte insopportabile, ma anche curabile. Per Feltri invece il problema è a monte: “la vita appartiene a chi ce l’ha e ne può disporre come gli garba, magari togliendosela perché stanco di stare su questa terra benedetta o maledetta”. E’ qui il nodo del pensiero che sostiene l’eutanasia: la vita è mia, ne faccio quello che voglio. Dire che sia un ragionamento superficiale, è dire poco: intanto nessun viene al mondo di sua volontà, per cui la vita non appartiene a  lui, è un dono da custodire. Le circostanze della vita, malattia fisica o mentale, possono poi portare alla sofferenza, ed è allora che il dono diventa maledizione, specie se si vivono queste condizioni in totale solitudine.



CATTOLICI, SUICIDIO E SALVEZZA

Stavolta a farsi secco non è stato un personaggio famoso, bensì un anonimo ingegnere di Como affetto da depressione acuta. Costui non ne poteva più di combattere contro la malattia che lo affliggeva da anni e, al culmine della disperazione – la cui intensità noi non abbiamo facoltà di valutare – ha optato per trasferirsi presso il creatore, ammesso esista un creatore” scrive Feltri. In particolare il noto giornalista se la prende con i cattolici, proprio come fanno a sinistra nello schieramento politico, e questo la dice lunga degli opposti estremismi che si sostengono, quando si tratta di vietare ad alcuno di intervenire “nei fatti miei”: “Secondo i bacchettoni siamo creature di Dio non in grado di stabilire la data del nostro decesso, ma costretti a rispettare gli ordini celesti. Patiamo? Pace amen. Per toglierci dalle balle dobbiamo aspettare la chiamata dal cielo. E dedicare il dolore fisico e mentale al signore che poi ci premierà, forse, col paradiso, luogo ignoto da cui non ci giungono segnali utili a farci comprendere di cosa si tratti”. Certo, la fede non è di tutti, ma censurare quanto, proprio grazie alla fede di alcuni, viene fatto da secoli per allevare la sofferenza del prossimo, è sinonimo di fanatismo e di negazione della realtà. Non ci sono cattolici che godono a soffrire e a veder soffrire, ci sono invece moltissimi cattolici, come è dimostrato anche scientificamente, che rendono la vita sopportabile e degna di essere vissuta. Se l’ingegnere di Como non ne conosceva, nessuno gli ne fa colpa.



Che una persona istruita, un uomo di mondo che conosce bene la realtà intorno a lui nega che esista questa realtà, gioca sporco, inventa menzogne, si costruisce il mondo che va bene a lui, negando ad esempio che gli ospedali, luoghi per curare la sofferenza, li abbiano inventati i cattolici: “Uno comanda che bisogna campare finché lo dice lui e per noi non c’è scelta: ubbidire e basta. Ma che razza di religione è quella che non prevede il dissenso?” scrive ancora Feltri concludendo così: “L’ opzione del suicidio assistito è una questione intima che non riguarda né i giudici togati né quelli con l’ abito talare. È roba nostra”. Nel combattere la posizione cattolica contro l’eutanasia, in realtà si combatte contro se stessi, e le parole di Feltri lo esprimono benissimo: è la rabbia di chi vuole la vita secondo i propri dogmi, e non accetta che nessuno gli dica che eisstono altre possibilità e soprattutto non accetta che con buona pace sua, essa vada dove deve andare, proprio perché, a contrartio della posizione di Feltri, la vita non appartiene a nessuno. In fin dei conti, l’eutanasia è il massimo gesto di egoismo, il modo con cui normalmente tutti o quasi vivono la propria vita e la rabbia scatta quando la vita si dimostra ingestibile, nonostante si sostenga che “è mia e ne faccio quello che voglio”.

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