Scontro senza precedenti tra due delle più note e più importanti vincitrici del Premio Nobel per la Pace su una vicenda tanto tragica quanto ignobile: la pulizia etnica in Birmania contro il popolo musulmano dei Rhoingya. Malala Yousafzai, la giovane ragazza pachistana simbolo della lotta alle violenze contro la donna nei Paesi Islamici, ha strigliato e non poco la sua “collega” di Nobel, l’ex dissidente birmana Aung San Suu Kyi oggi nuova leader del Paese e attaccata dalla comunità internazionale per il suo silenzio (per alcuni anche “doloso”) sull’eccidio in corso dell’etnia Rhoingya. «Negli ultimi anni ho ripetutamente condannato il tragico e vergognoso trattamento dei Rhoingya», afferma la giovane pachistana; «Sto ancora aspettando che la mia compagna di Nobel per la pace Aung San Suu Kyi faccia lo stesso. Il mondo sta aspettando e i Rhoingya stanno aspettando», scrive su Twitter Malala causando un’immediata reazione virale sui sociale di mezzo mondo.

“FERMATE LE VIOLENZE IN BIRMANIA!”

«Sono arrivate tristi notizie sulla persecuzione della minoranza religiosa dei nostri fratelli Rohingya – le parole di Papa Francesco a San Pietro durante l’Angelus du due settimane fa -. Vorrei esprimere loro tutta la mia vicinanza. Tutti noi chiediamo al Signore di salvarli e di ispirare gli uomini e le donne di buona volontà perché li aiutino e perché tutti i loro diritti siano rispettati». Dopo l’appello del Papa, la situazione in Birmania ha avuto una nuova eco internazionale e le parole della giovane ragazza pachistana nel mirino dei Talebani si sono semplicemente aggiunte a ulteriore “pressione” sulla leader ex dissidente Aung Suu. In un altro tweet pubblicato poco dopo il primo “scottante”, Malala aggiunge: «Fermate le violenze. Oggi abbiamo visto immagini di bambini uccisi dalle forze di sicurezza della Birmania. Questi bambini non hanno fatto del male a nessuno, eppure le loro case vengono bruciate e distrutte. Se la loro casa non è in Birmania, in cui i Rhoingya hanno vissuto per generazioni, dov’è? I Rhoingya dovrebbero ottenere la cittadinanza birmana, il paese in cui sono nati». Due donne, due premi per la Pace, ma ora l’una contro l’altra. La leader birmana ancora non ha voluto rispondere pubblicamente, anche se probabilmente potrà averne l’occasione durante il prossimo viaggio apostolico del Papa dal 27 al 30 novembre 2017. Ora di allora però, la violenze etniche saranno continuate e la situazione non può continuare ad essere “sottovalutata” così come fatto finora (con tutte le virgolette del caso, ovviamente…).