Ha destato grande clamore e tristezza la morte della bimba, Sofia Zago, causata dalla malaria. Questo decesso rappresenta anche un “campanello d’allarme in quanto evidenzia come il sistema sanitario italiano sia tutt’altro che preparato a fare diagnosi di malaria, nonostante molti viaggiatori e l’arrivo di migranti da zone malariche”. Ad affermare ciò è stato Andrea Crisanti, professore di parassitologia molecolare a Londra e ordinario di microbiologia a Perugia, intervenendo all’AdnKronos. Il professore, grande studioso di malaria e dei suoi insetti vettori, le zanzare, ha sottolineato come in questi casi sarebbe opportuno intensificare la sensibilità sull’argomento. “Casi di malaria si verificano in continuazione in pazienti che vanno all’estero e in migranti”, ha asserito. “Certo, a complicare le cose qui c’è il fatto che la bimba non era stata all’estero”. Nonostante la diagnosi e le cure avviate, in caso di malaria cerebrale, come precisa l’esperto, non si può più fare altro, rendendo la malattia letale all’80%. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



STESSO PARASSITA DEI DUE BIMBI AFRICANI

Cosa è successo realmente a Sofia Zago? E’ questa la domanda che in tanti, a partire dalla famiglia della piccola, si stanno ponendo nelle ultime ore. Intanto, come riporta Corriere.it, Nunzia Di Palma, direttrice dell’unità operativa pediatrica dell’ospedale di Trento ha confermato che il parassita della malaria che ha ucciso la bambina di 4 anni, è il medesimo che aveva fatto ammalare i due bimbi di ritorno dal Burkina Faso e ricoverati nel medesimo reparto. Insieme ai due bambini africani, erano stati ricoverati nel reparto degli adulti anche la mamma ed un fratello maggiore ma tutti sono guariti e sono stati dimessi. “La prima ad arrivare di quella famiglia di ritorno dall’Africa era stata la bambina di 11 anni. Era il 16 agosto sera ed è stata dimessa il 21”, ha spiegato Di Palma, sottolineando come i giorni coinciderebbero con quelli del ricovero della piccola Sofia, rimasta nel reparto di pediatria dell’ospedale di Trento dal 16 al 21 agosto. Il parassita che avrebbe infettato Sofia e gli altri ricoverati per malaria è il Plasmodium falciparum, “ma possono esserci diversi ceppi”, ha spiegato la direttrice. Ad intervenire è stato anche il vicepresidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali, Massimo Galli, che ha spiegato: “Se dalle analisi in corso emergesse che il ceppo o variante di Plasmodium Falciparum che ha provocato la malaria nei due bambini ricoverati a Trento e nella piccola Sofia fosse lo stesso, allora il contagio della bambina sarebbe sicuramente avvenuto in ospedale ma resterebbe da capire in che modo”. Se il ceppo sarà differente, ovviamente significa che anche il contagio sarebbe avvenuto in modo diverso ed a questo punto occorrerebbe capire come. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



APERTA INDAGINE PER OMICIDIO COLPOSO

La vicenda di Sofia Zago, la bimba morta di malaria a Trento, non lascia indifferenti. Anche per tale ragione, come riporta AdnKronos, la procura ha aperto un fascicolo di indagine per omicidio colposo a carico di ignoti, atto a valutare e stabilire se ci sono o meno delle responsabilità penali dietro la morte della piccola. A svolgere le indagini sono gli uomini del Nas che già nella giornata di ieri hanno provveduto a consegnare al procuratore di Trento, Marco Gallina, tutta l’intera documentazione. Altri importanti documenti sono attesi dalla procura di Brescia, la quale ha anch’essa aperto un fascicolo di indagine, così come dall’ospedale di Portogruaro, dove Sofia era stata ricoverata lo scorso 13 agosto per tre giorni in seguito ad un esordio di diabete prima del trasferimento nell’ospedale di Trento. L’indagine si presenta sin da subito piuttosto complessa sotto vari profili. Appare infatti impossibile trovare, a distanza di settimane, prove che evidenzino un eventuale presunto contagio diretto fra i bambini o l’utilizzo di strumenti non sterilizzati e non monodose, sebbene tale aspetto sia stato già ampiamente smentito dall’azienda ospedaliera. Per domani, intanto, si attende l’autopsia sul corpo della piccola e che potrebbe far trapelare nuovi elementi utili. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



IL COMMENTO DELL’ESPERTO ROBERTO BURIONI

La vicenda di Sofia Zago, la bimba morta di malaria, apre un nuovo caso in Italia: finora infatti si pensava che la zanzara vettore della malattia non ci fosse. «Se la zanzara della malaria fosse anche in Italia, sarebbe un guaio», ha dichiarato l’esperto Roberto Burioni ai microfoni di Tgcom24 durante il programma “Direttissima”. Il lavoro, dunque, ora passa dai medici agli entomologici. Il professor Burioni non si sbilancia con le considerazioni sul lavoro dei medici, «confusi dal fatto che la piccola non fosse stata all’estero», ma spiega che il vaccino in studio «non è ancora disponibile». A chi viaggia nei Paesi a rischio malaria raccomanda le misure profilattiche, ma il problema sorge in Italia, dove si pensava non ci fossero zanzare vettore della malattia. «Bisognerebbe limitare il numero di zanzare», aggiunge il professor Burioni, spiegando che sono vettori anche di altre malattie infettive. (agg. di Silvana Palazzo)

COME L’HA PRESA LA BIMBA TRENTINA?

Ha sconvolto l’Italia la vicenda di Sofia Zago, la bambina di 4 anni morta lunedì agli Spedali Civili di Brescia a causa di una malaria cerebrale. Un decesso inspiegabile, anche da parte degli esperti, che non riescono a capire come sia stato possibile il contagio dal momento che la bambina non ha viaggiato in paesi tropicali, dove la patologia viene diffusa da una particolare specie di zanzara, non presente in Italia. Le potesi attualmente al vaglio sono le più disparate: c’è chi ha legato l’insorgenza della patologia al fatto che pochi giorni prima del rialzo febbrile spia d’allarme della malaria, la piccola sia stata nello stesso reparto di pediatria, a Trento, dov’erano presenti due bambini del Burkina Faso con la malaria. I piccoli africani sono regolarmente guariti, ma il primo ad escludere questa versione dei fatti, come riporta La Repubblica, è Paolo Bordon, direttore generale dell’Apss (Azienda provinciale dei servizi sanitari) del Trentino:”Resta il fatto che la piccola poi morta e i due malati di malaria erano in stanze diverse, le cure sono state effettuate tutte con materiale monouso e non ci sono state trasfusioni. La malaria non è trasmissibile da uomo a uomo e nessun altro paziente ha avuto dei sintomi riconducibili alla malaria”.

LE IPOTESI

A rilanciare l’ipotesi che il contagio della bimba morta di malaria, Sofia Zago, fosse avvenuto in ospedale a Trento, era stata la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin. Come riferisce La Repubblica, era stata la stessa titolare del dicastero ad invitare i media ad osservare grande prudenza:”Dobbiamo accertare se c’è stato un contagio di sangue o se invece la malaria può essere stata contratta in altro modo. Prima di esprimere qualsiasi tipo di valutazione dobbiamo capire esattamente cosa è accaduto. Ed è il motivo per il quale invito tutti alla cautela nelle dichiarazioni, che ho già letto in alcune agenzie: prima di pronunciarsi, appena morta una bambina di quattro anni, cerchiamo di capire cosa è capitato“. Certo è che il giallo è fittissimo e la comunità scientifica si è già divisa: oltre a quella del contagio in ospedale, c’è chi parla di un surriscaldamento climatico che avrebbe portato le zanzare responsabili della diffusione del virus a scegliere l’Italia come habitat privilegiato; altri ipotizzano più semplicemente che qualcuno reduce da un viaggio nelle zone a rischio abbia infettato una zanzara “nostrana” che a sua volta ha colpito Sofia.

Di questo avviso è Giampiero Carosi, ordinario di clinica delle malattie infettive e tropicali dell’Università degli Studi di Brescia, che osserva: “Non mi sono occupato del caso e non sono un entomologo, ma ci sono numerosi studi che attestano la presenza della zanzara Anopheles in Italia, pur se si tratta di esemplari poco adatti alla trasmissione del Falciparum.  Al momento le informazioni sul caso sono limitate, il periodo in cui la bambina è stata infettata fa pensare a contatti con viaggiatori, provenienti da Paesi in cui la malaria è diffusa, che non avendo fatto una profilassi adatta sono stati infettati e hanno portato il parassita in Italia”.