Altro che fuga dei cervelli in cerca di lavori migliori, più pagati, più riconosciuti, altro che fuga verso la terra promessa. Secondo il direttore della fondazione Migrantes della Cei, don Gianni De Robertis, presentando pubblicamente le iniziative dei vescovi per la Giornata mondiale dei rifugiati, mediamente a Londra un italiano al mese si uccide. Un dato di cui non ha mai parlato nessuno e che fa impressione. Tra le altre cose il sacerdote ha spiegato che la Chiesa, a differenza di quanto sostengono leghisti vari, non si occupa solo di immigrati che arrivano da noi, ma anche degli italiani all’estero, “sostenendoli e accompagnandoli nel mondo dove ci sono 366 missioni che si occupano proprio di questo”. Ci sono italiani all’estero, ha detto ancora, che vivono in baracche di stenti e povertà. Le condizioni peggiori sono in Australia dove per ottenere il permesso di soggiorno devi lavorare 88 giorni nelle fattorie come pastori o a raccogliere frutta con orari impossibili e senza praticamente essere pagati.
Non tutti dunque riescono a vivere quel sogno tanto propagandato, spesso per parlare male dell’Italia, delle nostre università (tra le migliori al mondo) da tutti i media secondo il quale solo andando all’estero si trova la felicità. Ma anche se si ottiene un bel lavoro, quello che uccide spesso è la solitudine e la difficoltà di integrarsi. Per quanto riguarda invece gli immigrati che vivono in Italia, il numero stabile è ormai di 5 milioni, ha spiegato, di cui 474 mila nel 2017 sono diventati italiani a tutti gli effetti. E’ intervenuto anche monsignor Galantino il quale ha detto come «L’immigrazione rischia di essere ridotta, al massimo, a merce elettorale. Manca la possibilità di un confronto sereno, di un dialogo sulle ragioni di chi vuole o non vuole fare qualcosa». E al proposito, in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo ha aggiunto che «Servono politiche familiari reali, credibili, vere,affinché la famiglia fondata su padre, madre e figli non smetta di esistere ma abbia la possibilità di svilupparsi».