Sul corpo di Lidia Macchi 4 capelli di un uomo sconosciuto, diverso dall’unico indagato. Si riapre con un colpo di scena clamoroso il processo a carico di Stefano Binda, ritenuto il solo responsabile della morte della studentessa di Varese, massacrata con 29 coltellate nel 1987. Ma se non sono di Binda, a chi appartengono i quattro capelli repertati da periti e consulenti? Una domanda che mette in dubbio la posizione dell’imputato, commentata di recente anche dalla criminologa Roberta Bruzzone che sul primo numero del nuovo anno del settimanale Giallo commenta: “Forse non è stato lui ad uccidere Lidia Macchi”. Alla luce degli elementi finora raccolti, dalle testimonianze delle due amiche su un uomo, tale Lelio, che avrebbe ammesso di essere il vero assassino della ragazza ai capelli di un “ignoto” sul suo corpo, i sospetti che da qualche anno si stia percorrendo la strada sbagliata vengono a galla. E così, la criminologa si è trovata a commentare: “A mio avviso, ora davvero il ragionevole dubbio si è insinuato nel processo contro Binda”. Il nuovo anno potrebbe contemplare inediti colpi di scena in merito al giallo lungo un trentennio? (Aggiornamento di Emanuela Longo)
LIDIA MACCHI, QUATTRO CAPELLI DI UN “IGNOTO” SUL SUO CORPO
Il programma Quarto Grado riaccende stasera i riflettori su uno dei casi ancora senza soluzione da oltre 30 anni: il delitto di Lidia Macchi, giovane studentessa di Varese uccisa nel 1987 con 29 coltellate. Il giallo, infatti, nei giorni scorsi è stato caratterizzato dall’ennesimo colpo di scena: il ritrovamento sul corpo della vittima di quattro capelli non appartenenti a Stefano Binda, l’unico indagato arrestato nel 2016 ma che finora si è sempre ritenuto innocente ed estraneo al delitto di Lidia. A far emergere la clamorosa novità è stata una super-perizia compiuta sui resti della vittima e dalla quale è emersa la presenza di quattro capelli appartenenti ad un “ignoto”, differenti da quelli della stessa Lidia e da Binda.
La novità, riportata dal quotidiano Il Giorno, è stata riferita nel corso dell’ultima udienza al cospetto del gip di Varese, Anna Giorgetti, in riferimento agli accertamenti disposti in sede di incidente probatorio sul cadavere della studentessa uccisa, riesumato nel marzo di due anni fa e che verrà ora restituito alla famiglia. Gli esperti, nell’ambito delle complesse analisi, hanno estrapolato circa seimila reperti tra peli e capelli e di questi, solo quattro non apparterrebbero né alla vittima né ai suoi familiari. G
li ulteriori accertamenti hanno permesso di escludere con assoluta certezza una loro riconducibilità all’unico indagato per l’omicidio. Soddisfazione da parte di uno dei difensori di Stefano Binda, l’avvocato Patrizia Esposito, che al termine dell’importante novità ha commentato: “Periti e consulenti sono giunti alla stessa conclusione, i capelli non appartengono a Binda, e non si sa di chi siano”.
LIDIA MACCHI: ALTRI DUBBI A FAVORE DI STEFANO BINDA
Quando ormai sembrava essere giunti ad una svolta decisiva nel delitto di Lidia Macchi, in seguito all’arresto di Stefano Binda, ora i dubbi contro l’uomo, che in carcere si è sempre definito innocente, iniziano poco alla volta a vacillare. Dopo i sospetti sulla lettera anonima “In morte di un’amica”, giunta ai familiari della studentessa il giorno del suo funerale, due donne avrebbero sostenuto che l’autore dell’omicidio di Lidia Macchi sarebbe un altro uomo diverso da Binda.
La sconvolgente dichiarazione è giunta sempre in aula, nel corso del processo a carico di Stefano, da parte di Paola Bonari, amica di Lidia Macchi e che proprio prima di essere assassinata era andata a trovare in ospedale. Lei fu infatti l’ultima a vedere Lidia viva ed ha riferito che una sua amica, Daniela Rotelli, ai tempi dell’università le aveva confidato di essere stata fermata da un ragazzo che le aveva confessato di aver ucciso Lidia. La dichiarazione trova conferma in una intercettazione telefonica della sera del 9 febbraio 2016 tra le due amiche: era stata la Rotelli a chiamare la Bonari dopo aver sentito parlare del giallo in tv.