Uno dei punti di massima complessità nei prossimi giorni di Papa Francesco in Cile sarà certamente l’incontro con la minoranza dei Mapuche: letteralmente “gente della terra”, sono una delle etnie più antiche in Cile, originari della Patagonia, rappresentano il 10% della popolazione e da anni ormai dividono l’opinione pubblica del Paese per la loro profonda ribellione al potere statale. «La Chiesa – che nel 2000 ha chiesto perdono per gli errori commessi nelle prima fasi della Conquista e della colonizzazione – ha avuto, nel corso, un ruolo fondamentale nel riconoscimento della dignità dei mapuche. Durante il regime militare e la sua politica di ulteriore compressione dei diritti dei nativi, i vescovi hanno offerto spazi di libertà ai dirigenti della comunità. Favorendo la trasmissione della storia, della lingua e delle tradizioni indigene, con la creazione, nel 1978, dei centri culturali mapuche, base per la ricostituzione, nei decenni successivi, del movimento nativo, smantellato dalla dittatura», spiega oggi Lia Capuzzi su Avvenire, spiegando tutta la fondamentale centralità della Chiesa come garante di un dialogo diventato sempre più difficile e tesissimo tra le due parti. Non sono poche le critiche che gli stessi mapuche oggi rivolgono alla Chiesa attuale in Cile, incapace secondo loro di rappresentare quel ruolo di vicinanza e protezione che nei decenni scorsi evitò il disastro e la guerra civile contro il potere: dall’altra parte, per la presidente Bachelet l’incontro e la Santa Messa che il Papa celebrerà nei prossimi giorni proprio con i mapuche mette in risalto un problema politico non da niente per il Cile e ha sollevato non poche critiche anche da parte del potere statale contro la scelta del Vaticano. In mezzo vi sta il viaggio di Francesco che a questo punto assume un forte senso di vicinanza e solidarietà con i popoli originari e un tentativo di “riavvicinare” due mondi ancora molto, troppo, distanti.



“PREGATE PER ME, SARÀ IMPEGNATIVO”

Poco prima di partire per il Cile, Papa Francesco ha pubblicato su Twitter un pensiero veloce e breve ma che esprime tutta la richiesta per il popolo cristiano in questo Viaggio verso i lontani Paesi sudamericani. «Vi chiedo di accompagnare con la preghiera il mio viaggio in Cile e Perù»: in un secondo messaggio, questa volta rivolto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Bergoglio spiega come «Nel momento in cui lascio Roma per recarmi in Cile e Perù per sostenere la missione della Chiesa locale e portare un messaggio di speranza, mi è caro rivolgere a Lei, signor Presidente, il mio deferente saluto, che accompagno con fervidi auspici per il benessere spirituale, civile e sociale del popolo italiano, cui invio volentieri la benedizione apostolica». Sul volo verso Santiago, il Papa ha rilanciato la sua grande preoccupazione per le tensioni internazionali, in particolare ha spiegato di temere e molto «una possibile guerra nucleare. Vanno ridotti, anzi eliminati gli armamenti» (clicca qui per l’approfondimento specifico). Al termine dei saluti ai giornalisti, «Vi auguro buon viaggio. Hanno detto all’Alitalia che il volo Roma-Santiago è il volo diretto più lungo che ha la compagnia, 15 ore e 40. Avremo tempo per riposare, lavorare, tante cose. Grazie per il vostro lavoro – ha continuato poi davanti ai cronisti -. Sarà impegnativo: tre giorni in un Paese, tre giorni in un altro. Per me non sarà tanto difficile in Cile, perché ho studiato lì un anno, ho tanti amici, lo conosco bene. Invece il Perù lo conosco meno. Ci sono andato due o tre volte per convegni, incontri».



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LA FOTO DISTRIBUITA SULL’AEREO

Il Papa è partito a Fiumicino per la lunga settimana di viaggio in Sud America: dopo il consueto saluto ai giornalisti che lo accompagnano assieme al corteo papale, Francesco ha voluto stupire tutti distribuendo una foto iconica e certamente non “banale”. Si tratta de “Il frutto della guerra”, la celebre foto di O’Donnell sull’orrore della bomba atomica buttata dagli americani su Nagasaki nel 1945. Negli scorsi giorni il Pontefice l’ha fatta stampare su un cartoncino e distribuita in Vaticano: «Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche – si legge sul cartoncino del Vaticano -, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà». Il vaticanista Andrea Tornielli ha twittato questa mattina la foto con il bimbo che porta in spalla il suo fratellino morto verso la crematura, probabilmente pochi giorni dopo il lancio devastante della bomba nucleare sulla città giapponese. Un modo per ribadire, una volta di più, la missione di Cristo e della Chiesa nel portare la pace e la speranza tra gli uomini, combattendo strenuamente il progetto di morte della guerra e del male. 




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IL DONO DI DIO CONTRO LE PROTESTE

Non sarà un viaggio facile: lo dicono tutti gli esperti vaticanisti e gli ambienti vicini alla Chiesa in Cile e Perù, Papa Francesco si appresta ad una settimana di viaggio apostolico doppio in Sud America. Ancora una volta non sarà l’Argentina ad ospitare il Santo Padre – non sono poche le polemiche dei cittadini argentini che non capiscono perché ancora la Chiesa di Buenos Aires non ospiti il primo viaggio del primo argentino Pontefice della storia – bensì i popoli cileni e peruviani pronti ad inondare Papa Francesco di affetto e presenza oceanica per due paesi profondamente cattolici. Ecco, presenze sì ma preoccupazioni pure: negli scorsi giorni tra Santiago e altre città del Paese che da oggi ospita il Papa fino al prossimo 18 gennaio (poi il trasferimento in Perù fino alla partenza lunedì 22 gennaio mattino) sono state lanciate bombe carta e appiccati piccoli incendi ad alcune chiese cattoliche da gruppi di manifestanti anti-governo e anti-Bachelet. Il motivo è radicato in più elementi e va dal malcontento della popolazione per la miseria e la crescente criminalità in Cile fino alla spesa considerata troppo ingente per la visita del Papa in un periodo di crisi generalizzata. Ma non solo: ci sono anche alcuni scandali di preti pefofili e vertici della Chiesa locale che non sono amatissimi dal popolo: come spiega Andrea Tornielli, «Alcuni gruppi della minoranza Mapuches, pur non essendo di per sé ostili verso la Chiesa che molte volte li ha difesi, con le loro azioni violente vogliono ottenere maggiore visibilità. C’è chi sfrutta la polemica per i costi della visita papale, un argomento certamente non nuovo. Ma c’è anche un motivo di risentimento profondo verso i vescovi che attraversa la società cilena per la gestione dei casi di pedofilia».

L’ARRIVO ALLA NUNZIATURA

Il tutto è un mix non proprio esaltante per la paternità di Bergoglio che viene come testimone e missionario di pace come in ogni Viaggio Apostolico. Servirà dunque un “surplus” di impegno e di grande sensibilità per il Pontefice davanti ai cileni; insomma, un viaggio tutt’altro che semplice per Papa Francesco che nella giornata di oggi è atteso per le ore 20.10 locali all’aeroporto internazionale di Santiago con tanto di cerimonia di benvenuto: alle 21 poi l’arrivo atteso anche alla Nunziatura Apostolica, la stessa occupata dai manifestanti nei giorni scorsi e ora sgomberata proprio per l’arrivo di Bergoglio. Padre Felipe Herrera, portavoce della Commissione nazionale della visita di Bergoglio in Cile, ha commentato nei giorni scorsi gli spiacevoli attacchi contro le chiese provando ad entrare nelle pieghe delle possibili cause: «Sono opera di piccoli gruppi che agiscono, non soltanto contro la Chiesa ma in occasioni di altri eventi importanti organizzati da ambasciate o istituzioni pubbliche. Proteste violente. Lanciano bottiglie incendiarie o panni imbevuti di benzina per appiccare il fuoco. Poi lasciano messaggi dicendo cose brutte. Agiscono nella notte e in questo caso hanno preso di mira chiese piccole e povere, frequentate da gente povera. Perché lo fanno? Per attirare l’attenzione».

IL VIDEOMESSAGGIO AI CILENI E PERUVIANI

C’è bisogno di pace, di un messaggio di speranza per il Cile e per la stessa Chiesa: quello stesso messaggio che Francesco ha mandato negli scorsi giorni con un video in spagnolo a tutti i fedeli che lo accoglieranno in questa settimana. «Vengo da voi come pellegrino della gioia del Vangelo, per condividere con tutti «la pace del Signore» e «confermarvi in una stessa speranza». Pace e speranza, condivise fra tutti. Desidero incontrarvi, guardarvi negli occhi, vedere i vostri volti e poter sperimentare insieme la vicinanza di Dio, la sua tenerezza e la misericordia che ci abbraccia e ci consola. Conosco la storia dei vostri paesi, forgiata con impegno, dedizione. Desidero, insieme a voi, rendere grazie a Dio per la fede e l’amore a Dio e ai fratelli più bisognosi, specialmente per l’amore che provate verso quanti sono scartati dalla società. La cultura dello scarto ci ha invaso sempre più. Desidero farmi partecipe delle vostre gioie, tristezze, difficoltà e speranze, e dirvi che non siete soli, che il Papa è con voi, che la Chiesa intera vi accoglie, che la Chiesa vi guarda», spiega Papa Francesco alle comunità di Cile e Perù. Desidera condividere la pace non “vuota” ma in e per Gesù: «solo Lui ce la può dare. È il dono che Cristo fa a tutti noi, il fondamento della nostra convivenza e della società; la pace poggia sulla giustizia e ci permette di trovare istanze di comunione e armonia. Bisogna chiederla costantemente al Signore e il Signore la dona. È la pace del Risorto che porta la gioia e ci spinge a essere missionari, ravvivando il dono della fede che ci conduce all’incontro, alla comunione condivisa di una stessa fede celebrata e trasmessa». Un incontro continuo e ribadito con Cristo risorto, vero centro della speranza cristiana e sempre “bisognoso” di essere testimoniato. «Non vogliamo essere ancorati alle cose di questo mondo, il nostro sguardo va molto al di là, i nostri occhi sono posti sulla Sua misericordia che cura le nostre miserie. Lui ci dà l’impulso per alzarci e continuare. Toccare con mano questa vicinanza di Dio fa di noi una comunità viva e capace di commuoversi con quanti stanno al nostro fianco e compiere passi fermi di amicizia e di fraternità. Siamo fratelli che andiamo incontro agli altri per confermarci in una stessa fede e speranza», conclude il videomessaggio Papa Francesco.