In Iran è in atto una vera e propria rivoluzione. Non una rivoluzione fatta di armi, o di vibranti proteste ma, anzi, di un movimento gentile e rassicurante: quello del perdono. Per comprendere al meglio questo significativo fenomeno è bene capire qual è la situazione dell’Iran in fatto di diritti umani e di progressi in questo campo. In questa Nazione la Sharia, cioè la legge islamica, prevede la vecchia legge del taglione, cioè occhio per occhio, dente per dente, tanto per esprimersi in termini che ci sembrano familiari. Un uso barbaro e incivile, soprattutto nel 2017, quando l’umanità ha oramai fatto passi da gigante in questioni umanitarie. Anche In Iran, comunque, qualcosa sta cambiando e un vento di novità è in atto con la fantomatica legge del perdono. Da adesso, infatti, molti iraniani che subiscono un omicidio possono scegliere di perdonare l’omicida ed accettare un pagamento in denaro. E la cosa, a conti fatti, funziona: tantissimi iraniani cercano di scegliere questa soluzione invece di ricorrere al boia e di creare un altro lutto in un’altra famiglia: un fatto importante e che denota una grande crescita umanitaria.



LEGAM, IL MOVIMENTO CHE HA PROMOSSO LA LEGGE DEL PERDONO

Questa legge del perdono, comunque, non è sorta così dal nulla ma ha una storia alle spalle estremamente travagliata. Questo movimento del perdono si chiama Legam e sta a significare Campagna per l’abolizione della pena di morte passo dopo passo. A raccontare questa esperienza è stato Mohammed Maleki, il fondatore di questo movimento del perdono. Ecco cosa ha raccontato al Corriere: “Il popolo iraniano non è un popolo barbaro coe pensano alcuni. Noi siamo una popolazione gentile, non vogliamo che un’altra famiglia abbia un altro morto da piangere. Chiaramente però questo mio impegno mi è costato tantissimo. Sono stato più volte imprigionato e arrestato in un periodo lunghissimo, che va dal 1981 al 2009. Per la legge iraniana sono troppo anziano e non posso andare in carcere ma creano dei grandi problemi alla mia famiglia. A un figlio non hanno mai consegnato la laurea ed è disoccupato, mentre l’altro è dovuto emigrare in Olanda e se rientra qui in Iran rischia l’arresto.” Ua situazione difficile, quella di Mohammed Maleki, ma che è servita a salvare tantissime vite umane nel corso di questi anni.



IN IRAN PENA DI MORTE ANCHE PER CHI TRAFFICA DROGA

L’Iran è un Paese duro, si sa, e la pena di morte non riguarda soltanto chi ha commesso un reato gravissimo come quello di omicidio. Dopotutto in alcuni stati degli U.S.A. questa pratica esiste ancora e questa è una delle Nazioni più evolute e civilizzate del mondo. In Iran la pena capitale può arrivare anche per chi traffica droga e i numeri parlano chiaro: le condanne per questo crimine sono in aumento. Negli ultimi anni, però, anche in questo campo la nazione iraniana sta cercando di evolversi grazie ad un emendamento che commuta la condanna a morte in una pena differente. Grazie a questa misura piuttosto drastica circa 4.000 condannati a morte potrebbero avere salva la vita. Il portavoce dell’Iran Human Rights, Mahmood Amiry-Moghaddam ha fatto sapere tutta la sua gioia al Corriere della sera buone notizie: “Il fatto che il Parlamento abbia approvato un emendamento del genere è un fatto più che positivo per questa nazone. E’ il risultato di tante lotte civili all’interno dell’Iran che sono costate moltissimo.” Grazie a loro, questo Paese sta riuscendo a uscire dal buio medievale.

Leggi anche

Valeria Bartolucci vs Manuela Bianchi, video scontro a Quarto Grado/ "Hai manipolato me e Louis Dassilva!"