Un’inchiesta imponente, la più grande messa a segno ad Agrigento, ha colpito ben 16 famiglie mafiose e disarticolato i “mandamenti” di Cosa nostra a Santa Elisabetta e Sciacca. Oltre 400 carabinieri impegnati nella maxi operazione: sono stati impiegati anche un elicottero e unità cinofile. Sono stati 56 gli arresti eseguiti dai carabinieri su disposizione della dda di Palermo: in manette boss, gregari e Francesco Fragapane, figlio dello storico capomafia di Santa Elisabetta. Dopo aver scontato sei anni di prigione, ha ricostituito e retto il mandamento che copre tutta l’area montana dell’agrigentino. Riarrestato, era stato liberato nuovamente la scorsa estate, restando però un sorvegliato speciale. Le accuse contestate vanno dall’associazione mafiosa al traffico di droga e alla truffa. L’inchiesta ha svelato legami tra le cosche locali e la mafia di tutte le province siciliane e la ‘ndrangheta calabrese. In manette anche il sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella: è stato arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa e per voto di scambio. È accusato di aver concordato nel 2015 con alcuni esponenti di Cosa nostra le candidature da presentare nella lista a suo sostegno alle elezioni comunali e in quelle a lui contrapposte. Non solo: avrebbe raggiunto accordi con i capi mafia del territorio, «garantendo loro agevolazioni nella gestione degli appalti pubblici banditi dal Comune, come nel caso dei lavori aggiudicati alla Comil di Favara». Inoltre, il sindaco è accusato dagli inquirenti di aver «messo in guardia Giuseppe Nugara, reggente di San Biagio Platani, dai controlli presenti in paese anche tramite un sistema di telecamere ed averlo invitato a non intrattenere rapporti con un carabiniere in servizio presso la Stazione di San Biagio Platani». Infine, il sindaco avrebbe «esercitato indebite pressioni nei confronti delle imprese esecutrici dei lavori appaltati dal Comune» e di aver autorizzato una ditta a cominciare i lavori ancor prima dell’aggiudicazione della gara d’appalto. (agg. di Silvana Palazzo)
MAFIA, BLITZ ALL’ALBA: 56 ARRESTI AD AGRIGENTO
La mafia viene colpita ancora: è ormai da inizio 2018 che non passa giorno senza un blitz, una maxi retata o un’operazione dettagliata delle forze dell’Ordine contro le cosche siciliane (e non solo). È sempre dunque una buona notizia, anche se di base resta l’orrore per una criminalità organizzata e radicata in profondità nella società che “propone” di continuo “nuove” forme di illegalità ad ampio raggio. Ad Agrigento questa mattina sono stati eseguiti 56 arresti in un maxi blitz dei carabinieri su disposizione della Dda di Palermo: Cosa Nostra agrigentina messa in ginocchio dall’operazione più imponente della storia di questo territorio che coinvolge in tutto ben 16 cosche e famiglie mafiose (o accusate di esserlo, lo dimostreranno i processi). Coinvolti presunti mafiosi anche delle province di Caltanissetta, Palermo, Enna, Ragusa e Catania: insomma, un’ennesima maxi retata contro la Mafia sicula che però prosegue nella sua costante e irriverente lotta alla legalità dello stato e dei cittadini. Come scrive il Corriere del Mezzogiorno, «In manette, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, è finito Santino Sabella eletto alle ultime amministrative» come sindaco della piccola San Biagio Platani. A firmare questa imponente operazione, il gip Filippo Serio su richiesta dei pm della Dda di Palermo Claudio Camilleri, Geri Ferrara e Alessia Sinatra: secondo le primissime informazioni fornite dagli inquirenti, quella smantellata è la “Cosa nostra di provinci”. «Si occupava di estorsioni (11 accertate a ditte che si occupavano anche di appalti pubblici, 12 quelle tentate), di voto di scambio, di gestione di appalti pubblici, di imposizione di slot machine e videopoker, ma anche di piazzare propri uomini nelle amministrazioni comunali e di trafficare con la droga», spiega Repubblica.
PIZZO ED ESTORSIONI AI CENTRI DI ACCOGLIENZA
Ad esser messo sotto forte pressione da parte della Dda è il “clan” di Francesco Fragapane: rampollo della Mafia anche se ancora giovane, secondo la Procura di Agrigento sarebbe reggente del mandamento di Santa Elisabetta e di un grande mandamento, chiamato “della montagna” che riuniva sotto la sua “ala” anche i paesi di San Biagio Platani, Cammarata, San Giovani Gemini, Sant’Angelo Muxaro, Casteltermini, Favara, Raffadali, Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca. Un elemento particolare di questa operazione è l’aver scoperto e ora diffuso l’incredibile forma di estorsione e “pizzo” contro i centri di accoglienza migranti situati nel territorio agrigentino. La mafia qui cercava di affondare le mani su ogni singolo elemento della società, e quindi anche compresi di centri di accoglienza per i rifugiati che arrivano nel nostro Paese: ad esempio l’associazione Omnia Academy di Favara veniva “pressata” per dare il proprio obolo a Cosa Nostra, oltre che accettare anche la figlia di un boss al servizio interno per “controllare” il tutto. Imbarazzante la situazione alla coop San Francesco d’Agrigento: qui il ruolo del afflliato mafioso Calmierino Giambrone – riporta Repubblica – vedeva la messa in piedi dell’attività con autorizzazioni comunali ottenute grazie alle pressioni di Cosa Nostra. «Un affare mai realizzato ma sul quale i progetti della mafia agrigentina erano quelli di ottenere non solo assunzioni (“Cinque noi e cinque loro”, diceva Giambrone) ma anche una percentuale su ogni migrante accolto e il 40 per cento degli introiti della struttura».