Un Papa, dei giovani, un Paese tormentato come il Perù e “photoshop”: sono questi gli ingredienti “fantasiosi” che sono serviti per uno dei discorsi più intensi che si sono sentiti questi giorni di Viaggio Apostolico di Francesco in Cile e nel Perù. Ma quegli elementi di ci sopra, mixati insieme, come hanno potuto contribuire a questo “risultato”? Semplice, grazie alla umile e allo stesso tempo acuta sensibilità di un Pontefice che davanti a tantissimi giovani giunti ieri a Palza de Armas a Lima per l’Angelus, ha voluto dedicare loro una testimonianza concreta di cosa può voler dire “l’amore di Dio per l’uomo”. Ancora troppo misteriosi? Entriamo nelle pieghe dell’Angelus e vedrete che si “capirà”: «I vostri volti, le vostre aspirazioni, la vostra vita sono importanti per la Chiesa e dobbiamo dare ad essi l’importanza che meritano e avere il coraggio che hanno avuto tanti giovani di questa terra che non hanno avuto paura di amare Gesù e mettersi in gioco per Lui», esclama il Papa come se guardasse in faccia ognuno dei presenti.
La testimonianza della Chiesa, del resto, è proprio questa: saper parlare e vivere i tempi dell’oggi con l’esperienza dello ieri e lo sguardo benevolo sul domani. Parlando poi più da vicino dei “problemi che affliggono ognuno di noi in momenti tristi e difficili della nostra vita”, il Pontefice ha voluto calare un’immagine azzeccatissima per descrivere il tentativo dell’umano di “coprire” questo dolore, rifugiandosi in una realtà che però non è quella davanti a sé. «So che è molto bello vedere le foto ritoccate digitalmente, ma questo serve solo per le foto, non possiamo fare il “photoshop” agli altri, alla realtà, a noi stessi. I filtri colorati e l’alta definizione vanno bene solo nei video, ma non possiamo mai applicarli agli amici. Ci sono foto che sono molto belle, ma sono tutte truccate, e lasciate che vi dica che il cuore non si può “photoshoppare”, perché è lì che si gioca l’amore vero, è lì che si gioca la felicità».
“NON SIETE SOLI, DIO VI AMA PER PRIMI”
Un trucco, un “photoshop”, parole semplici, dirette, non abituali forse per un uomo di Dio eppure così maledettamente efficaci nel descrivere quel “trucco” che ognuno di noi tenta in ogni di utilizzare per coprire il dolore e il dramma umano. «Gesù non vuole che ti “trucchino” il cuore, Lui ti ama così come sei e ha un sogno da realizzare con ognuno di voi. Non dimenticatelo, Lui non si scoraggia riguardo a noi. E se voi vi scoraggiate vi invito a leggere la Bibbia e ricordare gli amici che Dio ha scelto: Mosè era balbuziente; Abramo, un vecchio; Geremia, molto giovane; Zaccheo, uno di bassa statura; i discepoli, quando Gesù diceva loro di pregare si addormentavano; Paolo, un persecutore di cristiani; Pietro, lo rinnegò… e così potremmo continuare questo elenco. Quale scusa potremo trovare».
Insomma, chi siamo noi per dire che la presenza di Cristo non possa passare per la nostra vita o per la nostra persona, perché “indegni” di riceverla? Il Papa insiste su questo punto e davanti ai giovani peruviani aggiunge, «Quando Gesù ci guarda non pensa a quanto siamo perfetti, ma a tutto l’amore che abbiamo nel cuore da offrire agli altri e servirli. […] Non perder tempo a mascherare il tuo cuore, riempi la tua vita di Spirito Santo!. Andate avanti non vi scoraggiate, perché la vita merita di essere vissuta a fronte alta». Questo però può avvenire per quanto detto ancora una volta in precedenza dal Papa: non perché Gesù “è bravo” e non perché noi siamo “perfetti”: se davanti alle difficoltà, davanti alla mancanza di felicità della nostra vita, possiamo rimanere saldi nei rapporti e nel bene lo dobbiamo ad un unico motivo. Si può sperare e amare la vita solamente perché abbiamo «sperimentato che il Signore ci ha amato per primo».