Propendo per archiviare il termine fascismo, se non per riferirlo a un periodo storico ben preciso, che va studiato, fatto studiare, senza infingimenti, spiegando sempre e ancora — come ha fatto ieri la presidente della Camera Laura Boldrini — che non è mai esistito un fascismo buono, non essendo buona alcuna dittatura. Ma le parole hanno un peso, come con “mafia”: ricordo sempre che Giovanni Falcone diceva provocatoriamente “se tutto è mafia, nulla è mafia”. Troppe volte il termine fascismo è stato usato a sproposito, o a proposito, per identificare gli avversari politici, anche se sprovvisti di fasci littori. Troppe volte sedicenti antifascisti hanno usato violenze fasciste verso i nemici politici. Ho parenti stretti che sono stati partigiani, parenti acquisiti ebrei, e so quanto abbiamo sofferto e subito il terrore, la follia dei fascisti e loro alleati. Non possiamo paragonare ai repubblichini di Salò, e prima ancora a chi armava le squadracce in camicia nera, qualche cretino coi tatuaggi del Duce. Potenzialmente sarebbero egualmente pericolosi, se non fosse che sono pochi, ignoranti e isolati. 



Se è vero che nell’ignoranza alberga il germe della soggezione ai tiranni, è pur vero che il fascismo è un’elaborazione borghese, con un supporto ideologico di intellettuali e pennivendoli laureati. Non mi spaventano i nostalgici che si assembrano a Predappio non più di altri arrabbiati fomentatori di odio che si riversano dai centri sociali a tirar sanpietrini ai poliziotti, sfasciare con spranghe vetrine, impedire con sprezzo e arroganza la libera espressione di pensiero. 



Noto verso costoro un’indulgenza che sa di antico, quando i primi strateghi di una lotta armata che ha ferito il paese erano chiamati “compagni che sbagliano”. Le ideologie assolutizzano, dividono il mondo in buoni e cattivi, che vanno messi a tacere, anche con metodi forti: il Novecento ci ha mostrato l’orrore dei rossi e dei neri, e senza fare la solita odiosa conta dei morti, sappiamo che entrambi si sono macchiati di violazione sistematica dei diritti umani e negazione forzata di ogni libertà di pensiero. L’Italia è uscita dal fascismo e se Dio vuole non è passata sotto la coltre di ferro del comunismo: ricordiamoli entrambi, senza abusare del primo assolvendo il secondo, senza gridare a pericoli che fanno gioco, tanto più all’approssimarsi di campagne elettorali. 



Vale per la parola razzismo: avendo un peso, le parole vanno usate con cura, tanto più da chi si propone come futuro “onorevole”. Ma andiamoci piano col definire un terzo degli italiani razzisti, un altro terzo populisti, scambiando spesso i termini fino a renderli sinonimi. Sabato si celebra doverosamente la memoria tragica della Shoah. Basta il racconto degli ultimi testimoni, bastano le immagini vere, indiscutibili, a mostrare l’orrore. Non usiamolo per alcun fine, non l’offendiamo confrontandolo con le intemperanze del nostro tempo. Abbiamo vissuto anni più bui, stragismo nero, rosso, mafioso. “Dobbiamo stare attenti a non enfatizzare delle cose che esistono relativamente: a me non pare che ci siano dei pericoli particolari. Ogni forma di violenza, da qualunque parte arrivi, è da rifiutare in modo assoluto, senza però gridare al lupo al lupo”. Così il cardinal Bagnasco a chi gli chiedeva se riteneva imminente un fascismo di ritorno, dopo gli scontri di fanatici nella sua Genova. Bene fanno i nostri politici a condannare le violenze, “da qualunque parte arrivino”. Fuori dai comizi, però.