Come direbbe Aldo Baglio del Trio, “mii, che famiglia”. Ecco, solo che non siamo in uno sketch comico e non siamo nemmeno a teatro: siamo a Como, dove una famiglia islamica completamente radicalizzata è stata fermata dalla Procura perché scoperta nell’aver mantenuto per anni il figlio foreign fighters in Siria. Ottima operazione della Digos di Milano che ha arrestato questa mattina il padre, un egiziano di 51anni ex mujaheddin che ha combattuto in Bosnia, ed emesso mandato di cattura internazionale per il figlio maggiore 23enne, ancora in Siria per combattere come soldato dell’Isis. Nell’operazione “Talis pater” gli agenti hanno condotto lunghi mesi di intercettazioni e pedinamenti fino a ricostruire nel dettaglio come avveniva la vita famigliare di un “tranquillo” nucleo di terroristi. Il padre ha stimolato fin da piccolo il figlio grande ad intraprendere il percorso della radicalizzazione verso il Jihad ed è riuscito a convincerlo a partire per la Siria sottolineando in tante chiacchierate con amici e familiari, «sono orgoglioso di avere un martire in casa».
L’ALTRO FIGLIO DENIGRATO PER ESSERE “OCCIDENTALE”
«Inviavano al figlio 200 euro al mese per il suo mantenimento in Siria», spiega il magistrato che ha indagato sulla vicenda della famiglia di foreign fighters, Alberto Nobili. «La famiglia denigrava invece il figlio minore chiamandolo ‘cane’ perchè frequentava ragazze occidentali. A fronte del ‘fallimento’ con quest’ultimo, in una intercettazione il padre dice di essere orgoglioso del maggiore che combatte in Siria, e che la sua scelta “gli varrà mille ore di preghiera”». La situazione incredibile raccontata dalle indagini vede nella tranquilla Como una sorta di mini cellula radicalizzata, assai pericolosa per l’intera comunità. Pare che il padre si sia “tradito” in una intercettazione, quando affermava «se mio figlio torna in Italia rischia 15 anni di carcere»; stando a quanto riferito dagli investigatori lo stesso padre era intimorito dalla quantità di video e foto postate sui social, immagini anche cruente della guerra che stava combattendo. Per questo motivo aveva cercato nei mesi scorsi di “giocare d’anticipo” recandosi alla Digos di Como e recitando la parte del padre preoccupato per le scelte terroristiche del figlio. «Dichiarazioni completamente false, visto che nelle intercettazioni invece si diceva orgoglioso», spiega ancora il magistrato. Con provvedimento del ministro dell’Interno è stata rimpatriata, per motivi di sicurezza pubblica, anche una cittadina marocchina di 45 anni, moglie del 51enne e madre del giovane.