Papa Francesco ha aperto i lavori dell’Anno Giudiziario del Tribunale della Sacra Rota Romana (che opera nelle varie vertenze di matrimoni e annullamenti delle famiglie italiane) e lo ha fatto con un discorso molto articolato e volto ad un punto centrale: «Oggi vorrei riflettere con voi su un aspetto qualificante del vostro servizio giudiziale, cioè sulla centralità della coscienza, che è nello stesso tempo quella di ciascuno di voi e quella delle persone dei cui casi vi occupate. Infatti, la vostra attività si esprime anche come ministero della pace delle coscienze e richiede di essere esercitata in tutta coscienza, come bene esprime la formula con la quale le vostre Sentenze vengono emanate ad consulendum conscientiae o ut consulatur conscientiae». La “coscienza” umana prima ancora che la legge, è l’invito di Papa Francesco che segue naturalmente le disposizioni dell’Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia”. Con quella voce sinodale, ha assicurato il Santo Padre, la Chiesa è giunta ad un punto primordiale: «Il necessario rapporto tra la regula fidei, cioè la fedeltà della Chiesa al magistero intoccabile sul matrimonio, così come sull’Eucaristia, e l’urgente attenzione della Chiesa stessa ai processi psicologici e religiosi di tutte le persone chiamate alla scelta matrimoniale e familiare».



“CI VUOLE UNA MIGLIORE INDAGINE PASTORALE”

Il Papa e il sinodo dei vescovi ha tenuto nei mesi scorsi la barra puntata sull’attenzione alle problematiche e i drammi di una famiglia che si spezza, tenendo però ferma la legge della Chiesa di Dio che afferma e testimonia l’indissolubilità del matrimonio in Cristo. «È importante istituire l’indagine pastorale diocesana così da rendere non solo il processo più sollecito, ma anche più giusto, nella dovuta conoscenza di cause e motivi che sono all’origine del fallimento matrimoniale»; in questo senso, per il Papa un altro fattore decisivo è la cura e l’attenzione per i vari percorsi da fidanzati che preparano con dovizia di testimonianza e accuratezza il matrimonio. «La coscienza assume un ruolo decisivo nelle scelte impegnative che i fidanzati devono affrontare per accogliere e costruire l’unione coniugale e quindi la famiglia secondo il disegno di Dio», sottolinea Papa Bergoglio, che aggiunge poco dopo, «È quanto mai necessaria una continua esperienza di fede, speranza e carità, perché i giovani tornino a decidere, con coscienza sicura e serena, che l’unione coniugale aperta al dono dei figli è letizia grande per Dio, per la Chiesa, per l’umanità».



“MENO BUROCRAZIA, PIU COSCIENZA”

Nei saluti finali, l’ultimo appello lanciato dal Papa è centrale: «Cari giudici della Rota Romana, la stretta connessione tra l’ambito della coscienza e quello dei processi matrimoniali di cui quotidianamente vi occupate, chiede di evitare che l’esercizio della giustizia venga ridotto a un mero espletamento burocratico. Se i tribunali ecclesiastici cadessero in questa tentazione, tradirebbero la coscienza cristiana. Ecco perché, nella procedura del processus brevior, ho stabilito non solo che sia reso più evidente il ruolo di vigilanza del Vescovo diocesano, ma anche che egli stesso, giudice nativo nella Chiesa affidatagli, giudichi in prima istanza i possibili casi di nullità matrimoniale». Per questo motivo il Papa è entrato nelle pieghe del compito tutt’altro che formale e burocratico che spetta quanto ai magistrati della Sacra Rota quanto a tutti i pastori diocesani: un accompagnamento, un aiuto e un ricondurre tutto nella Grazia divina. «Dobbiamo impedire che la coscienza dei fedeli in difficoltà per quanto riguarda il loro matrimonio si chiuda ad un cammino di Grazia. Questo scopo si raggiunge con un accompagnamento pastorale, con il discernimento delle coscienze e con l’opera dei nostri tribunali». In conclusione, per Francesco l’intera opera della Chiesa nell pieghe della famiglia e del matrimonio deve svolgersi nella sapienza e nella ricerca della verità: solo così la dichiarazione di nullità produce una liberazione delle coscienze.