Ha ricevuto la lettera d’assunzione. Dal Comune. Per un part-time nella farmacia comunale. Lei è una trentacinquenne farmacista. Il Comune è quello toscano di Massa, provincia di Massa e Carrara.  

La farmacista, Sara Bonocore, è in dolce attesa di due gemelli. La gravidanza, al sesto mese, non è facilissima. E poi quando saranno nati, ci sarà un bel da fare per tirarli su. Felice per la lettera, si licenzia dalla farmacia privata dove lavorava a tempo pieno. Bene. Una cosa ben fatta, si direbbe. Una fortunata ma giusta opportunità per una donna, una madre, di più: una cittadina di un Paese che non fa figli e che si vorrebbe incentivare a farne di più.



Invece, come in una vignetta di Guareschi, però mica da ridere, contrordine compagni: l’assunzione non s’ha da fare. Con faccia costernata, le spiegano l’impedimento dirimente: lo Stato non permette agli enti locali di assumere o impegnarsi in nuove spese se non hanno approvato il bilancio consolidato. Si tratta del bilancio consuntivo 2016 che comprende tutte le società partecipate e gli enti municipali, e le disposizioni prevedono che debba essere licenziato entro il 30 settembre. Il consiglio comunale di Massa l’ha messo all’ordine del giorno della seduta del 29 dicembre. Con calma. Ma non l’ha approvato. Così Sara ha perso il lavoro di prima e il lavoro di dopo, come chi resta in mezzo nei quattro cantoni. E con lei altri cinque “quasi” neo-assunti.



Massa però non ci sta a fare la parte del brutto anatroccolo nel pollaio dei Comuni italiani. C’è stato un precedente illustre, Torino, che per lo stesso impedimento dirimente non ha potuto assumere in ruolo il capo dei vigili (sono ricorsi a contrattini da un mese alla volta per tamponare) e qualche decina di maestre d’asilo (i bambini hanno dovuto aspettare un po’ e le altre maestre farsi in quattro). A Torino il bilancio consolidato non era stato possibile portarlo a termine perché la società del trasporto pubblico locale, a un pelo dal fallimento, non presentava i suoi conti. Un motivo grave, ci è voluto tempo e fatica per superarlo.



A Massa, niente del genere. La mancata approvazione del bilancio consolidato ha tutt’altra causa. La politica? No. L’assenteismo. Nella seduta fatidica del 29 dicembre i signori consiglieri comunali non hanno raggiunto il numero legale. Significa che su 32, almeno 17 hanno bigiato. Assenze trasversali, ma soprattutto, per forza di numeri, nello stesso Pd che ha la maggioranza assoluta dei seggi (i grillini sono tre, i forzitalioti uno; il resto è quasi tutto sfumature di rosso e arancione).

A tutto c’è una spiegazione. Questa: due cose sono in Italia sacre e irrinunciabili sovr’ogni altra: i ponti tra festività ravvicinate e i giorni di malattia attaccati al week-end, di venerdì (come gli scioperi del trasporto pubblico), o di lunedì (quando non lavorano i barbieri). Era da saperlo che il 29 dicembre non era giornata. Voglio dire, non era il giorno giusto per impegni di lavoro. Collocato proprio a metà strada tra Natale e Capodanno. E che Natale e che Capodanno: il 23 a casa perché sabato, il 24 era domenica, il 25 Natale, il 26 Santo Stefano; il 30 di nuovo sabato, il 31 domenica, l’1 capodanno. Fanno quattro più tre sette giorni di sciambola. Ci attacchi i tre giorni nel mezzo e vien fuori un filottone da dieci. E per di più si trattava di un venerdì: insomma un giorno da assenza quasi doverosa, con (rara) possibilità di due giustifiche, a scelta: per ponte o per malattia da week-end. C’è gente che queste cose le prevede e programma un anno prima. Vuoi che i consiglieri di Massa siano da meno? E vai a mettere un consiglio comunale il 29, giorno della terna che consente la tombola, per di più un venerdì?