Non c’è limite alle accuse contro Harvey Weinstein, che negli ultimi giorni ha visto aggiungersi al coro delle sue vittime anche la ex dipendente Sandeep Rehal: la donna ha raccontato in modo pericolosamente dettagliato le pratiche alle quali era costretta dal 2013 al 2015, periodo nel quale collaborava all’interno degli uffici newyorkesi della ‘The Weinstein Company’. Nella sua denuncia, la Rehal chiama in causa ben 15 capi di accusa contro il suo ex datore di lavoro tra i quali la raccolta di preservativi usati e la raccolta della lista delle conoscenze di Weinstein, alla quale doveva aggiungere un asterisco nel caso di partner sessuali. Parole che gettano nuovamente fango sul produttore cinematografico che dallo scorso novembre, mese nel quale è scoppiato lo scandalo molestie, è stato accusato da decide di donne di stupro, violenza e molto altro. Di fronte alle nuove dichiarazioni, però, la portavoce Holly Baird ha messo ancora una volta le cose in chiaro: “Risponderemo nelle sedi appropriate dimostrando che queste ‘prove’ non sono vere”. (Agg. di Dorigo Annalisa)
L’ACCUSA DI ANNE HECHE
I problemi di Harvey Weinstein continuano ad aumentare, oltre all’ultima uscita dell’assistente, c’è stata infatti l’accusa dell’attrice Anne Heche. L’attrice ha infatti svelato di essere stata licenziata da un progetto riguardante la Miramax dopo essersi rifiutata di avere un rapporto orale con il produttore. L’attrice ha sostenuto di non aver avuto nessun rapporto sessuale con Weinstein riuscendo ad uscire dalla stanza prima che ci fosse alcun tipo di contatto fisico. La non denuncia è avvenuta per la paura di eventuali ripercussioni e per la capacità di Weinstein nel minacciare le vittime. Paure che hanno bloccate parecchie presunte vittime del produttore che vede la sua posizione sempre più precaria viste le accuse che aumentano con il tempo. Ultima quella della sua assistente, vedremo come finirà questa situazione.
La nuova smentita del produttore
Emergono altri dettagli legati alla denuncia di Sandeep Rehal nei confronti di Harvey Weinstein. Se negli ultimi mesi, l’uomo è stato al centro di una serie quasi infinita di scandali e accuse, la sua storia ha dato il via a numerose altre accuse che sono emerse nel corso delle settimane successive. Tra queste, le parole di Sandeep, ex dipendente del produttore americano, racchiuse in circa 11 pagine di deposizioni. La donna ha raccontato che, oltre a pratiche comuni come l’aiuto con la posta elettronica e lo shopping, era costretta ad altre mansioni decisamente non ordinarie, nel corso dei due anni di lavoro con l’uomo, dal 2013 al 2015. Oltre alle già citate questioni del divano (che doveva essere pulito dallo sperma del suo capo) e alla scorta di Caverject, medicinale per le disfunzioni erettili, era costretta anche a scrivere ed inviare mail mentre il suo datore di lavoro era senza abiti, accanto a lui, in ufficio. I legali dell’uomo smentiscono queste accuse e dichiarano: “Le prove mostreranno che queste affermazioni, per soldi, sono nel regno di un film di fantascienza”. Ma, nel frattempo, la Miramax sta pensando a cambiare nome della società, proprio per prendere più possibile distanza dall’associazione, ormai tossica, con il nome di Weinstein. (Agg. Alberto Graziola)
LE ACCUSE DELL’EX DIPENDENTE
Non c’era bisogno di Sandeep Rehal, ex dipendente di Harvey Weinstein, per venire a conoscenza del fatto che il produttore accusato di molestie da decine di donne fosse una specie di mostro. Ma dopo la sua denuncia c’è un motivo in più – se le accuse verranno confermate – per stigmatizzare l’atteggiamento di questo molestatore seriale. Stando al racconto della 30enne di origini californiane, inserita dal 2013 al 2015 nell’organigramma degli uffici newyorchesi della The Weinstein Company, Weinstein l’avrebbe costretta a svolgere delle mansioni a dir poco degradanti. L’elenco comprende la pulizia del divano dallo sperma, la raccolta dei preservativi utilizzati dal produttore, la gestione della fornitura di farmaci iniettabili per la disfunzione erettile (Caverject) e il mantenimento della rubrica – con tanto di asterischi – per prendere nota delle sue partner sessuali. Ma purtroppo c’è di più: la Rehal avrebbe anche subito diversi palpeggiamenti oltre che essere stata destinataria di un linguaggio a dir poco scurrile. Insomma, un vero e proprio incubo nella tana dell’orco.
LA DENUNCIA
La legale della Rehal, Genie Harrison, nel ricordare che la sua cliente si è dovuta licenziare nel 2015 dalla Weinstein Company e che da quel momento soffre di una grave forma di “stress emotivo”, ha dichiarato:”Dire che il comportamento di Weinstein nei confronti della mia assistita fosse dannoso, osceno, umiliante e offensivo è un eufemismo“. D’altra parte c’è da registrare la replica dello staff di Weinstein. La portavoce Holly Baird, ha infatti smentito categoricamente tutte le accuse: “Risponderemo nelle sedi appropriate dimostrando che queste ‘prove’ non sono vere”, ha detto. Nel tritacarne sono finiti anche Robert, fratello di Harvey Weinstein e il responsabile del settore risorse umane della TWC, Frank Gil. A detta della dipendente, la regolare frequentazione di quegli uffici da parte dei due gli ha fatto meritare nella denuncia il ruolo di co-imputati. In attesa di conferme il sentimento che ha il sopravvento è il disgusto.