Mutui e prestiti rifiutati perché contagiati da sangue infetto: è accaduto ad alcuni cittadini campani con infezione da Hiv, epatite o di altro genere. Ma la Cassazione ha dato ragione ai pazienti che avevano presentato ricorso, mettendo fine ad un dibattito delicato sulla tutela del trattamento dei dati personali. La suprema corte a sezioni unite si è, dunque, pronunciata a pochi mesi dall’applicazione del nuovo regolamento europeo della privacy prevista per il 25 maggio 2018. Come facevano gli istituti bancari a sapere se il cliente era contagiato da sangue infetto? Lo scoprivano dalle causali dei pagamenti bancari della Regione, che nel riconoscere gli indennizzi dovuti ai pazienti danneggiati da trasfusione di sangue o vaccinazioni obbligatorie inseriva la dicitura “ex legge 210/92”. Da qui si può facilmente risalire al fatto che si tratta di un risarcimento per danno da trasfusione di sangue. Questa situazione, per l’avvocato Michele Scolamiero, che con il collega Emilio Mignone ha seguito i ricorsi, può «dar luogo a discriminazione o alla diffusione indebita del dato sensibile».
NIENTE MUTUI A EMOTRASFUSI, MA CASSAZIONE DÀ RAGIONE AI PAZIENTI
La Regione Campania paga circa 1.500 euro ogni bimestre come “indennizzo previdenziale” alle vittime di sangue infetto. Lo fa tramite bonifico bancario, che dovrebbe essere del tutto segreto, soprattutto quando in ballo ci sono dati sensibili relativi alla salute. I giudici supremi hanno dato ragione ai cittadini che hanno presentato ricorso: «Confermano che il dato sensibile andava criptato», ha dichiarato l’avvocato Michele Scolamiero all’AdnKronos. I legali hanno seguito il caso di un ragazzo che si è visto rifiutare un mutuo e tanti altri che hanno avuto la stessa esperienza. «Ora, con questa sentenza, partiranno i processi contro le banche e contro la Regione Campania, che solamente da circa un anno ha iniziato a criptare i dati di salute di queste persone, nonostante già nel 2008 il Garante della privacy fosse intervenuto contro questa condotta», ha aggiunto il legale. In un caso il tribunale di Napoli ha anche riconosciuto un risarcimento simbolico di mille euro a persona.