Gli episodi di violenza tra le mura domestiche sono tristemente all’ordine del giorno. Alle donne viene ripetuto di denunciare e sono numerose le associazioni in supporto delle vittime che si battono affinché gli aggressori possano avere la giusta condanna che meritano. Non è andata però così per una donna, vittima delle violenze fisiche e psicologiche da parte del compagno, un 41enne disoccupato, nei confronti del quale però è stata emessa la sentenza di assoluzione per il reato di maltrattamento da parte del giudice del tribunale di Torino, Maria Iannibelli. Stando a quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, i numerosi calci, i pugni e gli spintoni ai danni della convivente da parte dell’uomo sarebbero stati semplici “episodi sporadici” sorti durante “situazioni contingenti e particolari” tali da non porre la vittima in uno stato di prostrazione fisica e morale. Da qui la sua decisione di assolverlo dalle accuse nonostante la richiesta di condanna a tre anni e nove mesi avanzata dal pm Dionigi Tibone. La giudice, tuttavia, ha ritenuto giusto emettere una sentenza in favore dell’uomo disoccupato intravedendo nell’intera situazione una “conflittualità reciproca”. L’imputato ha perso il lavoro nel 2008 e da allora, stando alle motivazioni della sentenza, ci sarebbero state lite reciproche con la compagna. “Lui insultava, ma anche lei rispondeva agli insulti”, scrive il giudice. E proprio la parte lesa viene descritta dalla Iannibelli “soggetto particolarmente esuberante”, ribadendo l’assenza di linearità e coerenza nel corso della sua testimonianza in aula.
IMPUTATO CONDANNATO A 6 MESI PER ALTRO REATO
La vittima ed il suo aggressore ora assolto, erano andati a vivere insieme nel 2006, due anni prima che lui perdesse il lavoro. Da allora, come riporta La Stampa, erano iniziati gli episodi di violenza affiancati alle offese. “Sei una madre spregevole, sei marcia”: le continue umiliazioni, secondo l’accusa, si susseguivano alle botte. Eppure, secondo il giudice “non è emersa una sottoposizione della signora a una serie di atti di vessazione continui e tali da cagionare un disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di vita”. In altri termini, le aggressioni non erano così frequenti da essere giudicati maltrattamenti. Eppure, dalla parte della donna vi erano i numerosi certificati medici, ben nove, che testimoniano gli ingressi al pronto soccorso nell’arco di otto anni. Secondo il magistrato però, spesso le motivazioni non avevano nulla a che vedere con le presunte violenze da parte dell’uomo ma soprattutto, si tratta di casi sporadici. Dopo la sentenza non è mancato il commento della difesa dell’imputato: “Ho sempre creduto non si trattasse di maltrattamenti”. Se per le botte è stato assolto perché il fatto non sussiste, il 41enne è stato però ritenuto colpevole per aver abbandonato la casa familiare dopo che, nel 2014, la compagna scoprì di essere stata tradita con una sua amica. Da quel momento, dunque, non aveva più contribuito al mantenimento dei suoi figli, anche se in aula si è giustificato: “Non ho un impiego”, pur non dimostrando di essere senza soldi. Per questo è stato condannato a sei mesi di carcere con la sospensione condizionale, per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Ma la beffa per quelle violenze contestate e per le quali è stato invece assolto resta.