Il luogo dove si terrà il prossimo 9 gennaio il vertice tra le due Coree è scelto non a casa e simbolicamente vuole dire molto nell’ottica di una continua tensione di guerra nucleare tra i due Paesi e gli alleati di Seul. L’accettazione della proposta da parte della Corea del Nord è arrivata via fax stamattina al ministro per la Riunificazione sudcoreano, Cho Myoung-gyon: «Verremo alla Panmunjom Peace House il 9 gennaio», ha scritto nel messaggio Ri Son-kwon, capo del Comitato per la Riunificazione Pacifica della Patria di Pyongyang. Quell’area si trova al confine, in un villaggio della zona considerata “di tregua” dove è già stato firmato il cessate il fioco nella Guerra di Corea del 1953: vicino a quell’edipico è situata la famosa di zona di demarcazione dove i soldati di entrambe le parti, da decenni, si guardano a distanza. Un luogo di sfida, di guerra ma anche di pace: l’esatta traduzione di quanto potrà avvenire nei prossimi mesi dopo questo primo fondamentale vertice, instabilità e incertezza ma anche qualche piccolo spiraglio di disgelo “finale”. 



VERTICE DI PACE IL PROSSIMO 9 GENNAIO

Saranno “colloqui di alto livello” quelli che il prossimo 9 gennaio vedranno insieme allo stesso tavolo Corea del Nord e Sud Corea, nel tentativo di porre un freno al rischio di guerra mondiale nucleare “in potenza” sempre lì da ormai più di un anno. «Le parti hanno deciso di discutere temi di tipo operativo con lo scambio di documenti», ha spiegato Baik Tae-hyun, portavoce del ministero dell’Unificazione sudcoreano. Si discute ufficialmente della potenziale presenza di una delegazione del Nord ai Giochi Olimpidi al via il 9 febbraio prossimo ma è chiaro che si tratta di una occasione privilegiata per poter migliorare i rapporti bilaterali. Pare che Pyongyang si sia decisa ad accettare l’apertura e l’inizio di un dialogo di pace dopo la decisione congiunta di Seul e Washington di rinviare le esercitazioni militari: insomma, il disgelo si avvicina e le delicate trame geopolitiche vedono una linea caldissima tra Trump, Moon, Kim Jong-un e con la sempre attenta supervisione di Pechino. «La parte principale dell’agenda» – ha aggiunto il portavoce – includerà invece le modalità per sbloccare lo stallo dei rapporti, includendo il nodo olimpico».



TRUMP SPOSTA LE ESERCITAZIONI MILITARI DOPO I GIOCHI

Il disgelo “invernale” tiene: il paradosso alla vigilia delle Olimpiadi in Sud Corea è che la temuta terza guerra mondiale, davanti alla possibilità flebile ma esistente di un accordo tra i principali nazioni coinvolte nello scontro proto-nucleare, al momento è “rimandata”. Il timore c’è sempre, l’Onu monitora ma nel giro di qualche giorno abbiamo assistito nell’ordine: apertura di Kim a dialogo con Seul; controreplica favorevole di Moon Jae-in; vertici in vista (previsto per oggi) tra Cina e Sud Corea per preparare il tavolo di pace; Trump punta i tacchi, sostiene di essere lui il responsabile di questa nuova fase di apertura, “grazie alla mia fermezza”, ma poi ieri fa sapere di aver rinviato le esercitazioni militari congiunte con Seul a dopo le Olimpiadi. Tutti segnali che vanno nella direzione di un possibile accordo, o almeno di potersi sedere al tavolo senza dover ogni volta evocare provocazioni e minacce su “pulsanti” nucleari pronti all’uso.



«L’amministrazione Trump ha deciso di far slittare un’esercitazione militare annuale con la Corea del Sud dopo i Giochi olimpici invernali di Seul», fa sapere Rob Manning, portavoce del Pentagono, dopo un accordo avvenuto tra i due presidenti alleati. Il rinvio delle esercitazioni è stato chiesto direttamente da Seul: le esercitazioni (Key Resolve e Foal Eagle) hanno ruolo di deterrenza verso il Nord e iniziano di solito tra fine febbraio e inizio marzo, sono un capitolo decisivo dell’alleanza Usa-Sud Corea, ma in questa delicata fase geopolitica è stato deciso, forse saggiamente, di posticiparle e vedere lo svolgersi degli eventi nelle prossime settimane.

BERLINO, “KIM SEMINA ZIZZANIA”

Intervistato dal Tio.ch, portale di news svizzere, ha parlato sui rischi di una guerra mondiale in Corea del Nord l’esperto di politica del Pacifico e in particolare della storia di Pyongyang, Werner Pfennig (Istituto per gli studi sulla Corea della Libera Università di Berlino). Il tema è ovvio e scontato, l’apertura parziale ma significativa di Kim Jong-un ad un rinnovato dialogo con la Sud Corea del presidente Moon Jae-in: c’è da fidarsi di questa ultima mossa? La risposta è interessante: «La scelta di parole che Kim Jong-un ha fatto nel suo discorso d’inizio anno può essere definita conciliante. Tuttavia, non sarebbe una novità da parte sua. Quando crede che gli avversari della Corea del Nord siano divisi, Kim tenta di seminare zizzania fra di loro. Nel presidente sudcoreano Moon Jae-in trova un interlocutore aperto che è pronto a negoziare e così Seul ora si sta offrendo di trattare».

Il dittatore insomma si aspetta un tornaconto da questo tipo di apertura e non è per nulla uno avventato come potrebbe sembrare: «Sulla natura di tale tornaconto si possono fare diverse ipotesi: la riapertura della zona economica speciale condivisa fra la Corea del Nord e quella del Sud, dalla quale Pyongyang otterrebbe dei vantaggi a livello finanziario; l’annullamento o il rinvio delle esercitazioni militari congiunte della Corea del Sud e degli Stati Uniti, che dovrebbero aver luogo in concomitanza con i Giochi olimpici; o, da ultimo, quanto auspicato da Kim nel suo discorso d’inizio anno: un «contesto pacifico» per le olimpiadi», conclude l’esperto di politica coreana.