Con la Cina a fare da mediatore tutt’altro che occulto e gli Stati Uniti in posizione (solo apparentemente, dato che sotto traccia i contatti tra Washington e Seul continuano) defilata, è davvero possibile che la mano sorprendentemente tesa dal leader nordcoreano Kim Jong-un verso il suo omologo Moon Jae-in rappresenti un primo passo verso il disgelo, allontanando così di fatto lo spettro di un conflitto nucleare? In realtà, i colloqui fissati per il prossimo 9 gennaio tra le due Coree e che dovrebbero sancire la partecipazione ufficiali di alcuni atleti del regime di Pyongyang ai Giochi Olimpici Invernali di Pyeongchang (in Corea del Sud) non riguarderanno affatto il tema dell’arsenale atomico di cui si sta dotando la Repubblica Popolare Democratica del Nord, e nemmeno le recenti provocazioni attraverso i test missilistici. Tuttavia, come spesso accade, lo sport potrebbe essere il “segnale in codice” che un fronte di dialogo può essere aperto e che -anche se gli umori volubili di Kim farebbero pensare il contrario- si possa trovare una soluzione anche alla crisi nucleare. O quantomeno tra le due Coree e la Cina, mentre pare più difficile pensare che si instauri un simile canale diplomatico tra il dittatore nordcoreano e Donald Trump che continuano, invece, nel loro sport preferito: le punzecchiature e gli avvertimenti manco tanto velati, tra comunicati stampa e tweet. Che la “diplomazia dello sport” possa essere la strada? Una conferma è arrivata dallo stesso Presidente del Comitato Nordcoreano per la Riunificazione Paficifica delle due Coree che, in diretta televisiva, ha lodato l’apertura “onesta e sincera” di Seoul a seguito della ripresa dei contatti telefonici tra gli Stati. (R. G. Flore)
L’APPREZZAMENTO DEL CREMLINO PER IL VERTICE
La giornata di ieri passerà alla storia dei conflitti nel Pacifico come il primo vero giorno di “apparente disgelo” tra le due Coree: questo non significa che la terza guerra mondiale nucleare sia del tutto scongiurata, questo no purtroppo, ma di certo l’accettazione da parte di Pyongyang di incontrare i “cugini” di Seul in «colloqui di alto livello» il prossimo 9 gennaio rappresenta una ottima notizia per la diplomazia internazionale. «Le parti hanno deciso di discutere temi di tipo operativo con lo scambio di documenti», ha spiegato Baik Tae-hyun, portavoce del ministero dell’Unificazione sudcoreano. Si discute ufficialmente della potenziale presenza di una delegazione del Nord ai Giochi Olimpidi al via il 9 febbraio prossimo ma è chiaro che si tratta di una occasione privilegiata per poter migliorare i rapporti bilaterali. La Cina e la Russia apprezzano notevolmente, Seul prosegue nella sua modalità di “normalizzazione dei rapporti” verso Kim e gli Usa valutano il da farsi (qui sotto un piccolo spunto di riflessione, ndr).
Già, la Russia: da un lato il Cremlino ha salutato con piacere il prossimo vertice tra le due Coree al confine “neutrale” nella prossima settimana, ma dall’altro ha tentato anche una netta invettiva contro gli Stati Uniti su di un altro fronte, quello iraniano. «La riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sull’Iran è una “dannosa e distruttiva” ingerenza negli affari interni di Teheran», ha spiegato il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov, commentando la decisione dell’Onu riconvocare il Consiglio dopo le note proteste di Teheran (ora rientrate in parte). «Gli Usa continuano ad immischiarsi in modo aperto e in modo celato negli affari interni di altri Paesi, lo fanno senza vergogna», conclude Ryabkov dimostrando come le tensioni internazionali, anche se non in Corea del Nord, sono destinate a durare ancora per molto tempo.
E TRUMP COSA FARÀ?
In tanti se lo chiedono in questi giorni che separano dal grande e importante vertice “di pace” tra Corea del Nord e Sud Corea, con vista Olimpiadi e con sul tavolo il congelamento dello scontro nucleare e mondiale degli ultimi due anni. Ma Donald Trump come si comporterà di fronte a questo incontro? Modererà le “provocazioni” per non turbare il difficile e delicato equilibrio raggiunto da Seul e dal suo presidente Moon Jae-in (confermando come dietro le mosse vi sia sempre la Casa Bianca) o farà di nuovo sentire la propria voce segnano ancora di più la distanza tra il Pacifico e gli Stati Uniti, e rischiando di far precipitare i venti di guerra? Secondo i media Usa la strategia di Trump dell’insulto e dell’isteria porta tutto il vantaggio alla Cina che davanti alle due Coree ottiene ancora più prestigio e “fiducia” rispetto al lontano e avvertito come nemico Donald Trump.