MOSCA — “Gloria a Dio nel più alto dei cieli, sulla terra pace, sugli uomini la benedizione di Dio” (cfr. Lc 2,14). Questo è l’annuncio degli angeli che ancora risuona nei nostri cuori perché in Russia abbiamo la “fortuna” di celebrare il Natale dal 25 dicembre, quando lo contemplano la Chiesa cattolica e alcune altre comunità cristiane, fino al 7 gennaio, quando la Chiesa ortodossa russa nuovamente annuncia agli uomini: “Cristo nasce! Rendiamogli Gloria!”.
Per noi quest’anno il canto degli angeli ha avuto la forma di un annuncio, di un Evangelo di speranza. Perché il Natale è lo sbocciare della speranza fondata sul fatto che Dio si rende nuovamente ai nostri occhi presenza palpabile, gloriosa e tenera allo stesso tempo. E infatti, se ci pensiamo bene, noi ripetiamo ogni anno lo stesso annuncio di speranza la notte di Natale, ma esso prende ogni volta un volto diverso, nuovo, come fosse la prima volta. Forse questa novità è ben descritta nei canti natalizi tradizionali, che esprimono tutti lo stupore. E lo stupore, lo si sa bene, non possiamo darcelo per decreto o per imposizione, ma accade perché ci si trova davanti a qualcosa di nuovo. Recentemente ho visto in un film la scena di una bambina il cui tutore, avendo lei perso i genitori, decide di portarla al reparto maternità. Quando esce l’infermiera per comunicare al padre la nascita del nuovo figlio, questa bambina comincia a saltare di gioia, a fare festa, pur non avendo nessun legame con quella famiglia, ma non potendo che reagire così di fronte al miracolo del nuovo che si era trovata davanti.
Il Natale di Cristo ci dice proprio questo innanzi tutto: se vuoi sorprendere quello che Dio porta portando se stesso, la novità delle novità, allora ascolta il tuo cuore, lasciati guidare dallo stupore, perché la novità è l’incontro con il Dio vivo, l’incontro con la speranza che è più forte delle difficoltà e delle ingiustizie, e lo dimostra trasfigurando la vita e il mondo, la storia dal di dentro. Egli solo è, Egli è qui, qui come quel giorno, tutti i giorni della vita e della storia.
Una delle impressioni più forti che ho in questo Natale nella nostra epoca e nella nostra situazione concreta è quella che chiamerei un “deficit di speranza”, che consiste in una difficoltà a vedere il proprio futuro. Questa incertezza di fronte alla vita si riflette in tutti i suoi aspetti, ma in modo più drammatico in quegli aspetti della vita che sono più fortemente legati al destino di un uomo: la famiglia, il lavoro, i rapporti con i suoi simili e col mondo che lo circonda, perché l’incertezza porta una sfiducia nei rapporti in famiglia, al lavoro, fin nelle strutture sociali e politiche. Questa incertezza non è estranea nemmeno ai credenti, e si mostra come un pessimismo e una abitudinarietà che si notano nella preghiera o nella celebrazione liturgica: propriamente un’assenza di stupore, un’incapacità a vedere davanti a se stessi la novità, quella fonte perennemente presente di speranza, quella fonte che mai smette di donare gratuitamente un’acqua sempre nuova, sorgiva, fresca.
Ma l’Evangelo degli angeli dice ancora qualcosa di più di questa fonte di speranza che è il Natale, e cioè che l’acqua di questa fonte inesauribile viene presa non da una sorgente magica, ma irreale, bensì dalla sorgente delle circostanze stesse della storia (Péguy): non solo la misteriosa Gloria di Dio nell’alto dei cieli viene annunciata, ma la pace sulla terra imperversata dal male, la benedizione sugli uomini, ancora impastati e lordi dei propri disastri umani, non già belli e ripuliti. Cristo nasce in circostanze non ideali, non lo accolgono, perché non lo riconoscono, perché sono sfiduciati, così come noi oggi non siamo capaci di accogliere il diverso che ci viene incontro, non ci stupiamo del “come” Gesù ci viene incontro.
Ma Gesù non perde la speranza, Egli nasce comunque, rinasce ogni volta nella speranza. Io ho visto quest’anno l’Evangelo di speranza del Natale nelle svariate iniziative di carità che cristiani e uomini benedetti dal Signore hanno messo gratuitamente in piedi, quasi a organizzazione zero, con pochi mezzi e strutture: la colletta della misericordia, che abbiamo iniziato dopo l’anno giubilare, la giornata di attenzione ai poveri (non della povertà astrattamente intesa), la raccolta di solidarietà per uomini colpiti dalla guerra, perlopiù sconosciuti, soprattutto in Siria. Queste iniziative hanno il peso della speranza di Abramo, così stupito da sperare più di ogni altra possibile speranza umana, hanno il peso della speranza di Maria, il cui “sì” continua ad alimentare l’acqua fresca della speranza.
Cristo nasce! Rendiamogli Gloria!