Le indagini attorno all’omicidio di Khadija Bencheick, la 46enne marocchina fatta a pezzi ed abbandonata in aperta campagna in provincia di Verona procedono spedite e presto potrebbero finalmente fare luce definitiva su tutta una serie di elementi, a partire dalle responsabilità reali delle due persone fermate due giorni fa. Il 51enne albanese, compagno della vittima, è sospettato di omicidio e secondo quanto riporta TgVerona, avrebbe problemi di salute (per questo veniva accudito dalla 46enne) e da solo non sarebbe mai stato in grado di sbarazzarsi del corpo della donna. Da qui l’ipotesi degli investigatori secondo i quali si sarebbe fatto aiutare dal nipote 27enne, uno studente universitario, non solo a distruggere il corpo ma anche a portarlo fino a Valeggio sul Mincio dove è stato abbandonato in un campo a ridosso di un recinto di un cavallo. Il movente della gelosia resta al momento la pista maggiormente battuta. Khadija, separata dal marito dal 2009, da tempo viveva con il 51enne albanese in un appartamento in zona Stadio a Verona. Era descritta come una donna libera e piena di energia. Non si esclude che, alla luce delle gravi condizioni di salute del convivente, il delitto possa essersi consumato proprio nell’abitazione in cui la coppia viveva, forse mentre la donna dormiva. Il pm è in attesa di conoscere i risultati dell’autopsia che contribuirà a fare chiarezza sull’ora esatta del delitto, mentre per domani è attesa l’udienza di convalida dei due fermi davanti al Gip di Verona, Paola Vacca. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
GIALLO VERSO LA SOLUZIONE?
Emergono dettagli decisivi alla soluzione del giallo relativo alla donna fatta a pezzi, Khadija Bencheick, la 46enne marocchina rinvenuta cadavere lo scorso 30 dicembre in un uliveto a Valeggio sul Mincio in provincia di Verona. Si era trattato di un ritrovamento choc poiché il corpo era stato smembrato e poi trasportato nel luogo in cui era poi stato rinvenuto. Lo scorso 5 gennaio si era registrata una prima svolta importante in seguito al fermo di due uomini, fortemente indiziati per l’omicidio della 46enne. Si tratta di Agim Ajdinaj, albanese di 51 anni e convivente della vittima e del nipote del primo, Lisand Ruzhdija di 27 anni. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il convivente l’avrebbe fatta a pezzi, mentre il secondo avrebbe contribuito a trasportare il corpo ormai smembrato nel campo. Ora, come riporta l’agenzia di stampa Ansa, ci sarebbe un altro elemento decisivo contro di loro, ovvero l’analisi delle celle telefoniche dei due albanesi e che incastrerebbe entrambi. Dall’esame eseguito, infatti, i militari hanno potuto appurare che il segnale dei loro dispositivi mobili era stato agganciato in località Gardoni, ovvero la medesima in cui il cadavere della donna precedentemente fatta a pezzi era stato abbandonato. Un elemento che andrebbe dunque a compromettere ulteriormente la posizione dei due indiziati.
DONNA FATTA A PEZZI, LA POSIZIONE DEI DUE INDIZIATI
Il delitto di Khadija Bencheick e che ha contribuito senza dubbio a chiudere nel segno del giallo ma soprattutto dell’orrore il 2017, potrebbe essere sempre più vicino alla sua soluzione in meno di una settimana. I cellulari delle due persone attualmente fermate sarebbero stati decisivi. Maggiori dettagli, tuttavia, saranno resi noti nella giornata di domani, lunedì 8 gennaio quando, come riporta Veronasera.it, alle 11:00 è in programma l’incontro tra i Carabinieri e la stampa, durante il quale saranno forniti tutti i nuovi dettagli in riferimento all’operazione che ha portato, la sera dello scorso 5 gennaio, al fermo del 51enne Agim Ajdinaj e del giovane nipote Lisand Ruzhdija. In merito alle accuse, quella a carico del 27enne dovrebbe essere limitata al “solo” occultamento di cadavere, mentre a carico del convivente della donna fatta a pezzi ci sarebbe l’accusa gravissima di omicidio e distruzione del corpo. Il movente, infine, sarebbe da ricercare nella gelosia che l’uomo avrebbe covato nei confronti della 46enne o nella paura di essere abbandonato da quest’ultima.