Caro direttore,
ho frequentato qualche anno prima del fatidico ’83.
Ma avrei dovuto pur accorgermi che si preparava un disegno egemonico, si ponevano le basi di un disastro ecclesiale, culturale ecc. ecc.
Invece no. Forse ero distratta. Troppo occupata a star lì il più tempo possibile, tra una scansione della metrica oraziana, un dialogo di Platone, e gli amici e il mondo là fuori diventato all’improvviso il cortile di casa.
E il Gius da incontrare nei chiostri. E le sue lezioni. Le code in mensa a continuare un’interminabile scuola di comunità ante litteram. La nostra risposta alle “assemblee permanenti”. Troppo occupata ad innamorarmi, sempre infelicemente, e a farmi consolare. A scrivere taze bao su quel che era accaduto il giorno prima. A dare una mano alle matricole, a recitare Lodi alle dieci del mattino. Per aspettare i pendolari. Occupata a innamorarmi di Gesù. Felicemente. A sentirmi dire che la vita è la realizzazione del sogno della giovinezza. E restava una frase bella, allora. Quando la giovinezza non era un sogno. Ma oggi so che è così. Mi avevano detto la verità. Ecco. È la verità che mi ha distratta dall’egemonia imminente, e la vita. Troppo occupata a vivere.
Franca Negri