Ovviamente nessuno ha mai pensato che i produttori di sigarette elettroniche lo facessero per beneficenza e per carità, voler cioè far diminuire il numero di fumatori di sigaretta al tabacco fortemente cancerogene come ormai si sa da decenni. Disincentivarne l’uso con una alternativa “sana” (mai peraltro dimostrata al 100%) lasciando la passione per il fumo senza ammalarsi di tumori. Il business è business, i produttori avevano giustamente fiutato un mercato con grandi possibilità, ma la nuova stangata decisa dal governo è anche una stangata per tutti coloro che in buona fede volevano abbandonare l’uso della sigaretta tradizionale infarcita di catrame, pesticidi e tante altre sostanze cancerogene. La nuova legge di stabilità infatti prevede l’equiparazione delle sigarette elettroniche a quelle tradizionali imponendo una tassa fissa di 0,37344 euro più Iva per ogni ml, il che significa 5 euro fissi per ogni flacone da 10 ml di liquido da vaporizzare a prescindere che contenga nicotina o no.



E’ ovvio il tentativo di far cassa su un mercato che conta oggi 1,5 milione e mezzo di consumatori, 3500 operatori, un indotto da 30mila posti di lavoro e un valore annuale da 300 milioni di euro. Ma sarà un autogol? Gli “svapatori” come vengono soprannominati, lasceranno in massa la siga elettronica per tornare a quella tradizionale? La differenza è notevole: fino al 31 dicembre un consumatore spendeva per una boccetta 2,50 euro, adesso 7,50. Non solo: la nuova normativa proibisce la vendita online, con la scusa di proteggere da prodotti incontrollati come quelli cinesi che potrebbero essere dannosi. E come ciliegina, tutti i produttori di liquidi dovranno pagare le tasse arretrate. Il colmo è che in tutta Europa le sigarette al tabacco, per sconsigliarne l’uso, hanno prezzi elevatissimi, anche 10 euro al pacchetto: solo in Italia quelle elettroniche costano altrettanto. Dietro a tutto questo la sentenza della Corte costituzionale che dice, che sebbene non si sappia se le e-cig sono pericolose, in attesa di saperlo, meglio disencentivarne l’uso. Una sentenza preventiva basata sul nulla…

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