Un Papa “dialettale” è quello che ha augurato ormai due giorni fa alle famiglie di 34 neonati battezzati nella Cappella Sistina una “buona vita” nel segno della fede semplice, diretta e “rinnovata”. Il Pontefice, celebrando la Festa del Battesimo del Signore, ha spiegato quale possa essere il primo passo ineludibile ed essenziale per comunicare la fede: al giorno d’oggi, ai bimbi che cresceranno in questo mondo sempre più laico e lontano dal “senso religioso”, non basta il catechismo e la dottrina imparata in Chiesa. Serve prima di tutto un’altro tipo di “lingua” e Francesco la spiega così: «la trasmissione della fede si può fare soltanto “in dialetto”, nel dialetto della famiglia, nel dialetto di papà e mamma, di nonno e nonna. Poi verranno i catechisti a sviluppare questa prima trasmissione, con idee, con spiegazioni… Ma non dimenticatevi questo: si fa “in dialetto”, e se manca il dialetto, se a casa non si parla fra i genitori quella lingua dell’amore, la trasmissione non è tanto facile, non si potrà fare». Secondo la sacra dottrina della Chiesa, per poter trasmettere la fede pienamente c’è bisogno dello Spirito Santo, ovvero della presenza di Cristo nella vita di oggi, costante e fedele: «da soli non possiamo, poter trasmettere la fede è una grazia dello Spirito Santo, la possibilità di trasmetterla; ed è per questo che voi portate qui i vostri figli, perché ricevano lo Spirito Santo, ricevano la Trinità – il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo – che abiterà nei loro cuori», aggiunge Papa Francesco.
BERGOGLIO E IL “DIALETTO” DEI BAMBINI
Davanti allora a quei 34 splendidi neonati provenienti da ogni parte del mondo, il Santo Padre ha insistito sul compito importantissimo che i genitori hanno nel trasmettere la fede, con il particolare “dialetto” dell’amore della propria casa, insomma della famiglia. «Anche loro [i bambini] hanno il proprio “dialetto”, che ci fa bene sentire! Adesso tutti stanno zitti, ma è sufficiente che uno dia il tono e poi l’orchestra segue! Il dialetto dei bambini!», spiega il Papa, aggiungendo come Gesù ha da sempre consigliato di parlare costantemente con i più piccoli. «oi non dobbiamo dimenticare questa lingua dei bambini, che parlano come possono, ma è la lingua che piace tanto a Gesù. E nelle vostre preghiere siate semplici come loro, dite a Gesù quello che viene nel vostro cuore come lo dicono loro»: una fede semplice, come i bambini, è quella che loro hanno bisogno ma di cui tutti essenzialmente possiamo essere nutriti. A quel punto poi il Papa chiude la celebrazione con una battuta in cui sottolinea però ancora una volta l’importanza della trasmissione semplice, diretta e assai “pratica” del messaggio d’amore di Gesù fattosi carne: «Oggi lo diranno col pianto, sì, come fanno i bambini. Il dialetto dei genitori che è l’amore per trasmettere la fede, e il dialetto dei bambini che va accolto dai genitori per crescere nella fede. Continueremo adesso la cerimonia; e se loro incominciano a fare il concerto è perché non sono comodi, o hanno troppo caldo, o non si sentono a loro agio, o hanno fame… Se hanno fame, allattateli, senza paura, date loro da mangiare, perché anche questo è un linguaggio di amore».