Giuseppe Uva, la sorella sul caso Cucchi: “I miei non parleranno”. Amaro il commento di Lucia Uva ai microfoni dell’Huffington Post il giorno dopo la svolta sulla morte del 30enne di Roma, con un carabiniere che ha accusato di pestaggio due suoi colleghi. Giuseppe Uva è deceduto il 14 giugno del 2008, una storia molto simile a quella di Stefano Cucchi: fermato e portato in una caserma dei carabinieri, il 43enne è morto per una “grave patologia cardiaca”. Lucia Uva, che ha evidenziato di aver scritto un messaggio a Ilaria Cucchi dopo il colpo di scena sulla morte di Stefano, ha commentato: “Il mio primo pensiero è andato a quello che hanno passato i nostri fratelli nelle loro mani. È stato confermato ciò che Ilaria Cucchi sostiene fin dal primo giorno, e che non è mai cambiato di una virgola”. Prosegue Lucia, sottolineando: “Noi la verità la sapevamo già. Ma siamo state processate, siamo state noi ad essere considerate colpevoli. Da sorella di Giuseppe sono soddisfatta per Stefano, per la verità che finalmente sta venendo a galla”.

“NESSUNO AVRA’ IL CORAGGIO DI CONFESSARE”

“Nel mio caso, ho il timore, nessuno avrà il coraggio di farlo. Ma se non parleranno, sappiamo che hanno un peso sul loro cuore, e dovranno portarlo per sempre” aggiunge Lucia Uva, che però non perde la speranza: “Solo in uno dei poliziotti avevo la speranza che potesse parlare, un agente che per tutto il processo stava male, con crampi allo stomaco. Magari, vedendo quello che sta succedendo tra i loro colleghi potranno farsi coraggio anche loro. Ma non so… Guardi cosa sta succedendo a Casamassima: lo hanno demansionato, allontanato dai suoi familiari, punito. E non sappiamo cosa accadrà ora a quest’altro carabiniere che ha parlato”. La sorella di Giuseppe Uva evidenzia che “se non rompono il silenzio è perché hanno paura delle conseguenze all’interno del loro Corpo. In un certo senso li capisco. Ma fino a quando non si faranno forza e inizieranno a parlare non cambierà mai nulla. Io mi auguro che qualcosa possa cambiare ma per me la strada è ancora lunga”. Prevale il pessimismo, dunque: “I ‘miei’ non credo che parleranno. Ho visto come si sono comportati in questi anni. Ci vorrebbe un risveglio delle coscienze. Un miracolo”.