Al Corriere della Sera ha parlato Carlo Previderè, responsabile del laboratorio di genetica forense dell’Università di Pavia, che assieme alla ricercatrice Pierangela Grignani scoprirono il 15 giugno 2014 quel dna “ignoto 1” divenuto poi il vero e autentico caposaldo dell’accusa nel processo a Massimo Bossetti. Dopo le prime ricerche senza esito nei primi mesi dopo il ritrovamento del corpo di Yara, i due genetisti arrivano alla scoperta: «Ha sempre avuto la sensazione molto forte che tra quei 532 Dna ci fosse la mamma di Ignoto 1. È stata fondamentale, ha insistito e mi ha fatto insistere. Li abbiamo riconfrontati con il Dna di Ignoto 1, stavolta con il nucleare, ed emerse la mamma: condividevano un allele raro nella popolazione italiana». Dopo aver trovato la “madre di Ignoto1” individuare il figlio non è stato semplice ma il lavoro è giunto in relativo poco tempo; «Il tonfo al cuore è venuto quando abbiamo trovato la madre, è stata la vera emozione perché dava un senso al lavoro di screening sui 532 Dna. Individuare il figlio è stata una conferma, ce lo aspettavamo». Non parla di errori, non parla di possibili prove “rovinate” e non critica nulla della fase processuale: i dubbi dunque restano anche se dal punto di vista scientifico il lavoro di Previderè e Grignani è stato ineccepibile, come garantito anche venerdì dalla Corte di Cassazione. (agg. di Niccolò Magnani)
IL PROCURATORE: “GIUSTIZIA È FATTA”
«Questa sentenza non riporterà mai indietro Yara, ma almeno stabilisce la verità su quello che le accadde»: lo spiega il procuratore Walter Mapelli che ha condotto e portato alla vittoria la difesa della Famiglia Gambirasio in un’intervista all’Eco di Bergamo. Il magistrato che venerdì ha confermato in via definitiva la condanna per ergastolo nell’ultimo e terzo grado di giudizio per Massimo Bossetti spiega poi come «Giustizia è stata fatta. Un pensiero va ai familiari della vittima». Finora i genitori di Yara sono rimasti in silenzio e pare, secondo quanto riportano i media locali questa mattina, che nei prossimi giorni proprio Bossetti scriverà un’altra lettera alla famiglia Gambirasio dal contenuto ancora misterioso. Chi si è sempre schierato a fianco del muratore di Mapello è il direttore di Libero Vittorio Feltri che oggi introduce il suo editoriale domenicale con parole durissime: «Non è colpa nostra se giustizia fa rima con immondizia. E certe assonanze spesso riflettono la realtà. Il caso di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ ergastolo per l’ omicidio di Yara Gambirasio, 13 anni, è o sembra emblematico. Questi dovrà stare in galera vita natural durante poiché i Ris hanno prelevato il suo Dna dalle mutandine della ragazza. Le prove scientifiche sono una cosa seria, vanno prese per buone a una condizione: che esse siano state ricavate correttamente. Ma siamo sicuri che nella circostanza siano stati rispettati tutti i canoni previsti dal protocollo? Non credo». (agg. di Niccolò Magnani)
LA NOTTE DISPERATA DOPO LA CONDANNA
Bossetti è colpevole, deve restare in carcere a vita. E’ questa la sentenza della Cassazione, arrivata due giorni fa, in merito alla morte della povera Yara Gambirasio. Il muratore di Mapello, per la terza volta, viene condannato all’ergastolo, nonostante lo stesso si sia sempre ritenuto innocente. «Non me l’aspettavo. Non mi hanno dato la possibilità di difendermi», avrebbe detto l’imputato una volta appresa la notizia dalla televisione, come riporta Il Giorno. Gli agenti della polizia penitenziaria di Bergamo sono stati i primi a dargli un po’ di sostegno, mentre nell’ala del carcere che dava su via Gleno, si accendeva una protesta con le urla «Vergogna», «Giustizia a Bossetti», «Libertà», in sostengo del condannato. Dopo una lunga notte insonne, Bossetti ha parlato la mattina seguente con uno degli educatori, quindi ha incontrato don Fausto, a cui lo stesso muratore ha ripetuto più volte «non mi hanno dato la possibilità che chiedevo», riferendosi alla richiesta di una nuova perizia sul dna. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
“NON GETTEREMO LA SPUGNA”
Dopo la sentenza della Cassazione che ha condannato all’ergastolo Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio il pool di legali del carpentiere di Mapello non si è ancora arresto all’idea che per il loro assistito vi sia un destino segnato dall’espressione “fine pena mai”. L’avvocato Claudio Salvagni, intervistato dal Tg5, ha spiegato che lunedì vi sarà l’incontro con Bossetti nel quale verranno studiate le prossime mosse, con il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che resta sullo sfondo. Il legale ha dichiarato:”Di una cosa sono sicuro. Non getteremo la spugna perché siamo convinti dell’innocenza di Massimo e cercheremo in tutti i modi di trovare la strada per poterla dimostrare. A questo punto diventa onere nostro doverla dimostrare”. La Cassazione, dunque, potrebbe non essere l’ultimo atto di una vicenda iniziata ormai 8 anni fa con la scomparsa di Yara Gambirasio da Brembate di Sopra. Salvagni ha anche confermato che Bossetti con ogni probabilità sarà “trasferito in un carcere dove iniziare un percorso di recupero”. (agg. di Dario D’Angelo)
BOSSETTI CHIEDE TRASFERIMENTO: “FATEMI LAVORARE PER NON IMPAZZIRE”
Dopo la sentenza di condanna all’ergastolo da parte della Cassazione, arrivano le prime informazioni sulla reazione di Massimo Bossetti all’interno del carcere di Bergamo in via Gleno. Stando a quanto riferito dal giornalista Remo Croci di Quarto Grado, il carpentiere di Mapello ha trascorso una notte insonne e all’insegna delle lacrime dopo il verdetto che lo ha riconosciuto colpevole dell’omicidio di Yara Gambirasio. Prima di incontrare la moglie Marita Comi e il fratello Fabio, Bossetti ha ricevuto in visita Don Fausto, il cappellano del carcere, che ha trovato “un uomo provato e disperato”. Bossetti avrebbe dichiarato:”Vorrei essere trasferito in un penitenziario dove poter lavorare. Per non impazzire chiedo di poter essere utile, di lavorare. Oggi non ho più nulla, mi resta il pensiero dei miei figli e della mia famiglia”. Bossetti è rimasto chiuso in cella e non si è recato neanche alla messa in carcere come sua abitudine di sabato. (agg. di Dario D’Angelo)
BOSSETTI, EX SINDACO BREMBATE: “ACCUSATI DI OMERTA’ MA…”
La sentenza della Cassazione, che ha confermato la condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti, è stata accolta con sollievo a Brembate di Sopra. Ne parla l’edizione odierna de Il Messaggero. Dopo anni di inquietudine e sospetti, arriva la parola fine sull’omicidio di Yara Gambirasio. Per diversi mesi il centro sportivo dove si allenava la ragazza è stato al centro dell’inchiesta, che ha gettato un’ombra inquietante su un luogo che tutti ritenevano protetto. Ora nessuno vuole parlare di quel periodo, tra imbarazzo e paura. Sono stati giorni di tensione, ma ora del caso si parla con più pacatezza, seppur lontano dalle telecamere, perché il paese in realtà non vede l’ora che non se ne parli più. L’ex sindaco Dario Locatelli, che conosce bene i suoi concittadini, si è fatto un’altra idea: «Siamo stati bistratti per la nostra omertà, quando invece era rispetto delle persone e della famiglia». (agg. di Silvana Palazzo)
SALVAGNI CONTRO SENTENZA CASSAZIONE: “HA VINTO IL SISTEMA”
Erano 23 i motivi del ricorso presentato dal pool di legali di Massimo Bossetti: sono stati respinti, uno per uno, dai giudici della Cassazione che li hanno ritenuti “inammissibili” accogliendo in pieno la requisitoria del Pg della Suprema Corte, Mariella De Masellis. Ma allora quali sono stati i motivi che hanno portato al respingimento delle istanze di Bossetti? In assoluto è stata l’incapacità di smontare la cosiddetta “prova regina”, quella del Dna rinvenuto sugli slip e sui leggins di Yara Gambirasio, a condannare di fatto il carpentiere di Mapello al “fine pena mai”. L’accusa, come riporta La Stampa, ha ricordato come l’analisi genetica rivelò dell’assassino “il colore degli occhi azzurro chiaro, che è esattamente il colore degli occhi di Bossetti”. Inoltre è “una congettura da fantascienza” ritenere che per effettuare le analisi siano stati utilizzati kit scaduti. Ciò che conta, anche per i giudici è stato dunque il Dna (nucleare) e non la parte periferica (mitocondriale), più incerta, su cui per anni hanno insistito i legali del Bossetti:”Il metodo del Dna nucleare è come un’impronta genetica, maggiormente identificativa della persona”, ha sottolineato il Pg. (agg. di DD’A)
BOSSETTI, AVV. SALVAGNI: “HA VINTO IL SISTEMA”
Torna a parlare l’avvocato Claudio Salvagni dopo la sentenza di ieri con cui la Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per il suo assistito Massimo Bossetti, dichiarato colpevole dell’omicidio di Yara Gambirasio. Contattato da Askanews, il legale ha commentato amaramente il verdetto della Suprema Corte:”Ancora una volta ha perso il diritto. Abbiamo osato andare contro il sistema e il sistema ha vinto”. La Cassazione ha dunque respinto per l’ennesima volta la richiesta della difesa di Bossetti di procedere ad una “super perizia”, ritenuta dalla difesa in grado di smentire la validità della prova principe, quel dna (il profilo genetico inizialmente soprannominato dagli investigatori “Ignoto 1”) estrapolato dagli slip e dai leggins di Yara, trovata morta il 26 febbraio 2011 nel campo di Chignolo d’Isola a tre mesi dalla scomparsa. Il convincimento della difesa era che quella traccia genetica non fosse certa, dal momento che accanto al dna nucleare attribuito al Bossetti vi era anche un dna mitocondriale rimasto ignoto. Da qui l’amarezza di Salvagni: “Non si è voluto sciogliere questo dubbio. Ieri abbiamo sentito ancora una volta il pg della Cassazione magnificare il lavoro dei Ris di Parma che sono bravi, i primi della classe e perciò il loro lavoro non si può mettere in dubbio. Ha vinto il sistema”. (agg. di Dario D’Angelo)
MASSIMO BOSSETTI: CASSAZIONE, CONDANNATO ALL’ERGASTOLO
Al termine di una giornata di spasmodica attesa, quando mancano pochi minuti alle 22:30, arriva il verdetto più atteso da anni. La Cassazione mette una pietra tombale sul processo per la morte di Yara Gambirasio, la ragazzina uccisa il 26 novembre del 2010: Massimo Bossetti è colpevole, e per questo viene condannato all’ergastolo. Non viene concessa la possibilità a lungo invocata dalla difesa, quella di eseguire una nuova perizia sul Dna, nessuno dei 24 ricorsi presentati alla Suprema Corte viene accolto. “Inammissibili”, è questa la prima parola che filtra dall’aula in cui nessuna telecamera può avere accesso. E un attimo dopo la conferma che la condanna è definitiva, si riapre il solito balletto tra innocentisti e colpevolisti, tra chi esulta parlando di vittoria della giurisprudenza e tra chi invece guarda al carpentiere di Mapello come ad una vittima della giustizia italiana, un secondo Enzo Tortora. Ma se il ritornello delle “sentenze si rispettano” a qualcosa vale, allora bisogna dire che da ieri conosciamo “al di là di ogni ragionevole dubbio” l’assassino di Yara Gambirasio: secondo la giustizia italiana l’unica vera vittima di questa vicenda.
GIUDICI, “YARA UCCISA SENZA PIETA'”
All’uscita dal “Palazzaccio” era evidente la delusione sul volto dell’avvocato Salvagni, il legale di Massimo Bossetti che fino all’ultimo ha sperato di poter ribaltare la sentenza del secondo grado e di poter celebrare un nuovo processo. Eppure, come riportato da Il Giorno, i giudici della Suprema Corte non hanno avuto dubbi nel condannare all’ergastolo il carpentiere di Mapello. Il presidente dell’assise Iassilo, al termine di una Camera di Consiglio durata 4 ore (considerata troppo breve da parte della difesa del Bossetti se rapportata alle 16 ore del secondo grado di giudizio), ha letto una sentenza che pesa come un macigno: “Il dna ha fatto parlare il corpo di Yara, quel corpo che ha trattenuto il codice genetico di colui che non ha avuto un moto di pietà e l’ha lasciata morire sola in quel campo”. Da questo momento in poi, per Bossetti, si chiudono le porte della giustizia italiana. L’avvocato Salvagni, però, ha già lasciato intendere di aspettare di leggere le motivazioni della sentenza. Poi il prossimo passo potrebbe essere un nuovo ricorso a Strasburgo, alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Con tempi in ogni caso lunghi…
GENITORI YARA CHIEDONO DI NON ESSERE INFORMATI
Per un processo che ha diviso l’Italia quasi a metà, l’attimo dopo che diventa definitiva la condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti parte la caccia alle reazioni dei protagonisti di questa terribile vicenda. I genitori di Yara Gambirasio mantengono quel profilo basso che ha sempre caratterizzato il loro modo di vivere la scomparsa della figlia: hanno deciso di tenersi al di là del circo mediatico, non ne hanno mai fatto parte. Per questo motivo, come riportato dall’inviato di Quarto Grado alla Cassazione, i genitori di Yara hanno chiesto al loro legale di non essere informati di quanto accaduto al Palazzaccio, qualunque fosse stato l’esito del processo. Non hanno guardato la televisione, hanno deciso di dormire “serenamente” e di essere informati soltanto oggi. L’altra faccia della medaglia è quella rappresentata da Massimo Bossetti, che ha appreso dalla televisione il verdetto e che per l’intera giornata di oggi sarà sotto sorveglianza speciale per evitare atti auto-lesionisti. Sempre oggi è previsto all’interno del carcere di via Gleno, a Bergamo, l’incontro con il cappellano.