Spreco di denaro pubblico, per il viceministro Di Maio, che ha sempre annunciato la lotta ai finanziamenti pubblici all’editoria e che adesso sta per diventare provvedimento esecutivo del governo. A parte che già da anni la maggior parte di essi sono stati aboliti, Di Maio evidentemente non tiene conto che l’abolizione di questi finanziamenti costringerà molti giornali a chiudere o a ridurre di netto il numero dei dipendenti, si prevedono infatti 10mila posti di lavoro a rischio. Non è esattamente quello che dovrebbe fare un ministro del lavoro, che invece di creare disoccupazione dovrebbe aiutare a fare occupazione. A essere colpiti saranno i gruppi editoriali più piccoli, le cooperative di giornalisti: i grandi gruppi editoriali che pubblicano ad esempio La Repubblica o il Corriere della sera sono stati privati già dal 2007 di ogni finanziamento pubblico.



LA GUERRA AI FINANZIAMENTI PER L’EDITORIA

Tra i giornali colpiti c’è di tutto, dal cattolico Avvenire al comunista Il manifesto, un provvedimento quello di Di Maio che assomiglia di più a mettere un “bavaglio” alla stampa indipendente che una iniziativa per risparmiare soldi. Oltre a questo provvedimento presto in atto, il governo mira anche all’abolizione dell’ordine dei giornalisti, un altro colpo alla indipendenza e alla libertà di parola, ma è proprio questo che spaventa il governo giallo-verde. Ecco quali sono oggi i principali a ricevere contributi pubblici: Avvenire, Libero Quotidiano, Italia Oggi, Il Manifesto, Il quotidiano del sud, il corriere di Romagna, Cronaca qui, Il Foglio, Le conquiste del lavoro (organo del sindacato Cisl), Famiglia cristiana. Si passa dagli oltre 2 milioni di Avvenire ai 130mila euro di Famiglia cristiana.



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