Le studiose e ricercatrici donne vengono sempre valutate poco obiettivamente, e anzi penalizzate nei concorsi: così dice il rettore della Normale di Pisa, il professor Vincenzo Barone, nell’intervista rilasciata al quotidiano.net. Quando si tratta di riconoscere il merito di studiose o di avviare una procedura concorsuale, spiega il rettore, sulle candidate si accaniscono pettegolezzi, calunnie sulla loro vita privata, persino lettere anonime.



Io non conosco l’ambiente specifico della Normale, né gli eccessi di cui parla il prof. Barone, ma vorrei riflettere su un punto: mi sembra purtroppo che si tratti, magari senza arrivare alla calunnia e alla lettera anonima, di comportamenti che si incontrano a tutti i livelli e in tutti gli ambienti. Tra l’altro, in Normale è giusto arrivata da poco, prima donna in 208 anni di storia di questo glorioso istituto universitario, una docente, Annalisa Pastore, ordinario nella classe di Scienze. Segno che qualcosa, a poco a poco, si muove, e che dobbiamo essere vigili, sì, ma mai generalizzare: adesso, per esempio, abbiamo anche delle studiose diventate rettori universitari: 7 su 82, una percentuale ridotta, meno del 10 per cento del totale, ma un dato comunque impensabile in Italia anche solo dieci anni fa. Del resto, anche in Normale ci sono docenti donne (7 su 40); e non va dimenticato che anche nelle università non sempre in tutte facoltà le percentuali dei professori ordinari sono equamente divise fra i due sessi.



Ma pensiamo, per analogia, a quello che succede nel mondo della scuola: anche qui, fino a vent’anni fa, i presidi erano uomini nella stragrande maggioranza dei casi; ora, invece, in certi ambiti territoriali, le dirigenti donne numericamente preponderanti, e anche i dirigenti degli uffici scolastici provinciali (insomma, per intenderci, quelli che si chiamavano provveditori agli studi) sono in  significativa percentuale donne.

Ci saranno pure delle motivazioni dovute alla minor percentuale di donne in posti chiave dell’università o dell’amministrazione pubblica, o, in generale, di donne dirigenti; non dimentichiamo che, a volte, vengono privilegiate altre scelte di vita; e poi, questo va detto come puro riconoscimento di una realtà di fatto, si può osservare come non tutte le donne siano desiderose di investire molti anni di studio e di impegno nella prima parte della loro vita per impegnarsi in un tentativo di carriera gratificante, è vero, ma anche perigliosa, totalizzante e, va detto, spesso incerta.



Purtroppo, bisogna anche dire che il meccanismo di denigrazione di cui parla il professor Barone è squallidamente universale: se la donna è candidata a un posto ambito anche da uomini, allora i pettegolezzi fioccano; se poi ha anche la colpa di essere minimamente carina, peggio che mai! E questo in banca e alle Poste, negli uffici pubblici e privati, in ditte grandi e piccole: le donne, mediamente, vengono tacciate in questi sgradevoli modi. Ma non va dimenticato che anche agli uomini, nelle lotte di potere interne a tutti gli ambienti in, non è che vada meglio: se non sono proprio giovanissimi, sono vecchi e un po’ suonati, e poi aggiungiamoci altri poco gradevoli epiteti e illazioni sulla loro obiettività di giudizio. E se un uomo in una posizione di comando si spende per una candidata a un ruolo di un certo rilievo, peggio che mai!, sicuramente c’è del torbido. E questa, purtroppo, non è una novità, ma un malcostume universale. Nihil sub sole novi, professor Barone.