Rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, in Italia si registra un numero sempre più in crescita di presunti jihadisti o islamisti radicalizzati ed espulsi per motivi legati al rischio terrorismo. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Ansa, si tratta di un vero e proprio record con una media che nel solo 2018 è salita a dieci soggetti espulsi ogni mese (due in più rispetto ai dati registrati l’anno precedente). Dall’inizio dell’anno ad oggi, sono stati in tutto 105 i provvedimenti presi dal ministero dell’Interno, le Prefetture e le autorità giudiziarie, per un totale di ben 340 negli ultimi 3 anni. Si tratta soprattutto di maghrebini, in particolare marocchini, tunisini ed egiziani, ai quali seguono pakistani, afghani e cittadini provenienti dai Balcani. Tornando a ritroso, il numero dei provvedimenti è stato sempre più in crescita: 66 nel 2015 e nel 2016, salendo poi a 105 nel 2017. L’antiterrorismo ha messo in atto un vero e proprio filo diretto nelle scuole per evitare il rischio di radicalizzazione a cui potrebbero essere esposti i più giovani. A tal fine esiste una costante comunicazione tra i servizi di intelligence del dipartimento antiterrorismo con gli uffici della Digos raccogliendo le eventuali denunce dei presidi o le segnalazioni su comportamenti sospetti da parte degli stessi studenti. Proprio i ragazzi, secondo gli inquirenti, sarebbero i soggetti a maggior rischio di radicalizzazione.



CONTROLLO DELL’ANTITERRORISMO NELLE CARCERI

I controlli però, non riguarderebbero solo le scuole, dove i rischi proseliti jihad tra i ragazzi hanno fatto scattare il filo diretto dell’antiterrorismo negli istituti scolastici d’Italia, ma anche nelle carceri del nostro Paese. Secondo quanto riferisce RaiNews, infatti, pare che dopo ogni notizia di attentato terroristico in Europa nei penitenziari italiani non manchino feste e piccoli banchetti da parte di alcuni estremisti islamici. L’antiterrorismo, dunque, avrebbe puntato l’attenzione anche su questo ambiente notevolmente a rischio monitorando in particolar modo alcuni soggetti al fine di individuare prontamente persone radicalizzate e presunti jihadisti. Proprio le carceri resterebbero uno dei maggiori focolai per gli estremisti poiché si pongono come luogo prediletto dove poter scambiare informazioni tra soggetti a rischio radicalizzazione. E sempre in carcere, secondo gli inquirenti italiani, molti radicalizzati entrano in contatto con esponenti della criminalità organizzata sebbene non sia finora emerso alcun collegamento tra terrorismo islamico e mafie.

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