All’esortazione della Consulta, sulla base del caso di DJ Fabo, ad occuparsi di una legge definita sul fine vita, è arrivata la risposta del Presidente della Camera, Roberto Fico. Con un tweet l’esponente del Movimento 5 Stelle ha raccolto l’invito, commentando: “La decisione della Consulta è un’occasione importante per il Parlamento. Serve più che mai adesso aprire il dibattito su un argomento delicato, rispetto al quale ci deve essere attenzione e sensibilità. La politica affronti il tema dell’eutanasia.” Una tematica che all’interno delle dinamiche del Governo potrebbe però mettere in contrasto la parte pentastellata con quella leghista, con quest’ultima che si è sempre dimostrata particolarmente conservatrice sul tema del fine vita, e che potrebbe dunque opporsi a una nuova legge o in ogni caso procrastinare l’attività parlamentare in merito. (agg. di Fabio Belli)
MIRABELLI: “CORTE DECIDE DI NON DECIDERE”
Il Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, ha utilizzato parole sicuramente “non inclini” all’opinione pubblica comune che in queste ore vede la non-decisione della Consulta come una vittoria di Marco Cappato sul delicatissimo tema del suicidio assistito. «Un’ordinanza che delinea un nuovo strumento del quale la Corte si dota: decidere di non decidere. Rimettendo al Parlamento, entro un determinato tempo, la possibilità di adottare una disciplina che bilanci diversi interessi che la Corte giudica meritevoli di considerazione», spiega all’AgenSir Mirabelli, non prima di aggiungere «È il legislatore che deve e può provvedere. Cosa significa lo sapremo leggendo il testo dell’ordinanza, se delinea quali sono questi interessi e come il Parlamento possa bilanciarli. Preannuncia una valutazione di non adeguatezza costituzionale della disciplina esistente». Mirabelli po spiega come il Parlamento di recente si sia invece pronunciato sulla possibilità della sezione palliativa continua, «unitamente alla terapia del dolore, nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine. Naturalmente il trattamento deve avere il consenso». Secondo l’ex Presidente Consulta, in conclusione, «Evidentemente qui è in ballo qualcosa di più, che riguarda l’aiuto che venga dato a una persona che deve suicidarsi. Sulle modalità di comportamento che possono essere punite penalmente, si giocherà la partita in Parlamento».
CAPPATO ESULTA
Sospeso il giudizio in merito a Marco Cappato, sotto processo per il suicidio assistito di Fabiano Antoniani, da tutti conosciuto come Dj Fabo. Oggi la Corte Costituzionale ha concesso un anno di tempo alle Camere per legiferare, di moda da redigere una legge sul fine vita. Soddisfatto ovviamente Cappato, che come riporta l’agenzia Ansa ha così parlato al termine dell’udienza: «La Corte ha riconosciuto le nostre ragioni. E’ un risultato straordinario, arrivato grazie al coraggio di Fabiano Antoniani. E’ dunque di fatto un successo, un altro, dopo la vittoria sul biotestamento, di Fabo e della nonviolenza, oltre che delle tante persone malate che, iniziando da Luca Coscioni e Piergiorgio Welby e finendo con Dominique Velati e Davide Trentini, in questi 15 anni hanno dato corpo alle proprie speranze di libertà». Secondo Cappato, il parlamento ha ora la possibilità di elaborare una legge per l’eutanasia legale, simile a quanto sta accadendo in Spagna. Sulla questione é intervenuta anche Filomena Gallo, uno dei legali di Cappato, che si dice ovviamente soddisfatta e che parla di decisione storica: «Dà un monito con una data entro cui deve legiferare. Si tratta di un modello mutuato dalla Corte costituzionale tedesca, che ha poteri ordinatori nei confronti del Parlamento». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
COLPO DI SCENA
Clamoroso colpo di scena dalla Consulta sul caso Dj Fabo: visti i «vuoti normativi», la Corte Costituzionale ha chiesto al Parlamento italiano di intervenire in materia del suicidio assistito con una legge entro un anno. Nei fatti, la Consulta rinvia la decisione sul caso di Marco Cappato fino al prossimo settembre 2019: il comunicato ufficiale reso noto spiega che «l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti». Tutto rinviato dunque fino al 24 settembre 2019, quando verrà ripreso il fascicolo in sospeso sulla questione di costituzionalità dell’articolo 580 codice penale: Marco Cappato, poco dopo l’uscita della “non-sentenza” ha scritto soddisfatto su Twitter «La Corte Costituzionale ha dato un anno al Parlamento per decidere. Le nostre ragioni sono state riconosciute. E’ un’altra vittoria di #DJFabo e della nonviolenza. Ora Il Parlamento deliberi su @EutanaSiaLegale #LiberiFinoAllaFine».
LA SENTENZA SLITTA
Era attesa per il pomeriggio, ma è stata prorogata e slittata fino a domani mattina: la sentenza della Consulta sul caso di Marco Cappato dovrà attendere ancora qualche ora, come annunciato dalla stessa Corte Costituzionale. L’udienza per l’esame di tutte le cinque cause hanno occupato l’intera mattina e anzi è sfociata anche in parte del pomeriggio, fino alle 18: per questo motivo i giudici hanno deciso di aggiornarsi a domani mattina, a partire dalle ore 9.30 segnala La Stampa. Dovrebbe a questo punto arrivare entro mezzogiorno la decisione molto attesa sull’aiuto al suicidio e la legittimità o meno dell’articolo 580: secondo l’avvocato di Marco Cappato, Filomena Gallo, «è incostituzionale l’articolo 580 del codice penale nella parte in cui non prevede una scriminante per chi – agendo secondo “fini solidaristici” – aiuti una persona con sofferenza grave e irreversibile ad accedere al suicidio assistito, e in ogni caso si limiti alle azioni antecedenti quella mortale». Nel suo breve intervento successivo alla Gallo, l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri (hiamata dalla Presidenza del Consiglio a difendere l’articolo 580 del Codice penale) ha ribattuto «la Consulta deve dichiarare inammissibile qualsiasi questione di legittimità costituzionale laddove il giudice da cui proviene – potendolo fare – non abbia interpretato l’articolo sospettato d’illegittimità secondo parametri conformi alla nostra Carta fondamentale. E secondo l’avvocato dello Stato la vicenda costituisce proprio uno di questi casi, poiché il 580 “già ora consente una graduazione della pena», come riporta l’Avvenire.
VERSO LA SENTENZA DELLA CONSULTA SUL CASO DJ FABO
Si attende per oggi la sentenza della Consulta su Marco Cappato e sulla vicenda del suicidio assistito di Fabiano Antoniani – Dj Fabo – avvenuto il 27 febbraio 2017 in una clinica ad hoc in Svizzera. Il leader radicale è imputato alla Corte di Assise di Milano dopo essersi autodenunciato in seguito all’aver accompagnato Fabo verso il suicidio assistito nella clinica elvetica: a febbraio di quest’anno la Corte aveva sospeso il giudizio inviando gli atti alla Consulta, dubitando della legittimità dell’articolo 580 del Codice Penale che parla di istigazione a aiuto al suicidio (che in Italia ad oggi resta un reato, ndr). È attesa per oggi la decisione dei giudici della Corte Costituzionale in merito ad una vicenda che come si può ben immaginare non interessa “solo” una decisione giudiziaria ma impegna tutta una sfera che va dall’etica e finisce fino al vivere sociale comune. Il caso di Dj Fabo è un esempio di quello che da molti anni viene richiesto come “passo delle istituzioni” sui temi cruciali di suicidio assistito ed eutanasia: da Eluana fino a Welby, passando proprio per il Dj milanese, i Radicali da anni richiedono una decisione “aggiornata alla modernità”, scontrandosi con l’opposta posizione di un pieno rispetto e cura alla vita, sempre e comunque, dal concepimento fino alla morte. Ricordando i fatti di un anno e mezzo fa, a fianco del paziente cieco e tetraplegico (ma non terminale) c’era Marco Cappato; è lui ad aver organizzato il viaggio, assecondando la volontà del paziente. Ed sempre lui si è autodenunciato ai Carabinieri per aver violato l’articolo 580 del Codice Penale.
SUICIDARSI È UN DIRITTO?
Un interrogativo giuridico e umano che l’Avvenire ben riassume così: «Suicidarsi: è sempre e comunque un disvalore, oppure in determinate circostanze può essere un diritto?». Su questo, nei fatti, dovrà esprimersi la Corte Costituzionale con una sentenza che in qualsiasi caso sarà diverrà storica dopo questa giornata. «Con Fabiano abbiamo ottenuto questa occasione che sarà comunque di chiarezza. Spetterà in ogni caso al Parlamento assumersi le proprie responsabilità: eutanasialegale.it aspetta da 5 anni di essere discussa», ha scritto questa mattina su Twitter il leader radicale, con la Consulta che è chiamata a stabilire se aiutare un malato terminale possa stabilirsi reato penale o no. Il punto potrebbe essere proprio cosa possa definire “terminale” un paziente, oltre alla “porticina” che verrebbe aperta così sull’eutanasia, elemento per nulla non nascosto da Cappato come obiettivo finale della sua battaglia. «La Corte Costituzionale può decidere che sia un reato incompatibile con i principi costituzionali ed io aspetto, con il massimo rispetto per la Corte stessa, quella che sarà la decisione», ha spiegato ieri a Radio Popolare Cappato, in attesa della decisione.
UNA VOCE “FUORI DAL CORO”
Contro la posizione “pro-choice” sul suicidio assistito come legittimo si è schierata la Chiesa, seppur con toni e forme molto “distensive” e non divisivi, proprio perché in palio vi è una concezione di vita e di società elementi tutt’altro che “banali”: ricordiamo allora il passaggio dell’omelia dell’allora Cardinale di Milano Angelo Scola il giorno del Venerdì Santo, proprio in riferimento alle vicende di Dj Fabo: «Decidere la propria morte non è autentico potere. L’individualismo esasperato, che è la cifra della nostra cultura occidentale contemporanea, giunge a rivendicare il diritto all’assoluta autodeterminazione anche in questo campo dell’umana esperienza. Ma ogni uomo che si osservi con umile lealtà riconosce che quello di decidere la propria morte non è autentico potere. Neppure Cristo decise la propria morte. Egli obbedì con libertà alla volontà del Padre ed accettò come un agnello condotto al macello l’ingiusta condanna degli uomini». Una voce “fuori dal coro” che di certo oggi è presente in quell’aula della Corte Costituzionale dove tra i giudici emergeranno tutti i punti e le posizioni possibili per poter esprimersi su un tema tanto delicato quanto complesso e dirimente il futuro delle prossime generazioni.