Che bel nome, Desirée: Desirée, desiderata. Deve averla desiderata sicuramente, sua mamma, se a quindici anni ha deciso di tenerla, oggi che se una ragazza a quindici anni rimane incinta è scontato risolvere il problema eliminandolo. Ma la mamma di Desirée l’ha desiderata, e l’ha tenuta.

Chissà chi altri l’ha desiderata, Desirée. La nonna, sembrerebbe proprio, a leggere le cronache, la nonna che ha ricevuto l’ultima telefonata: “Nonna, ho perso l’autobus, stai tranquilla, mi fermo a Roma, torno domani”. Chissà se l’ha desiderata il padre. Probabilmente sì, se è finito agli arresti domiciliari per stalking dopo la separazione dalla madre, forse voleva anche rivedere le figlie. Ma chissà come l’ha fatto male, forse, se ha finito per essere tenuto alla larga.



Ma che fatica, oggi, far sentire ai figli che sono desiderati. Oggi che i figli, appena diventano grandini, sono abbagliati dal Paese dei balocchi in cui crescono, si ribellano a padri e madri che “non capiscono niente”, e corrono dietro ai mille pifferai che li incantano dai loro schermi. E i padri e le madri, di solito, davvero non capiscono, e – non sto parlando della mamma di Desirée, non la conosco, parlo della maggior parte delle mamme e papà che ho conosciuto io – non sanno fare altro, poveri, che dire “no”, non riescono a far di meglio che dire ai figli che sbagliano. Non parliamo poi degli insegnanti: sono reduce da una tornata di consigli di classe, non riesco a rendere l’idea dell’astio con cui i miei colleghi parlano di ragazzi che non chiedono altro che di essere guardati con un po’ di simpatia… E allora i figli non si sentono più desiderati, si sentono sbagliati. E allora vanno in cerca di qualcun altro che li desideri. E lo trovano. Ma trovano, quasi sempre, qualcuno che li desidera male. Qualcuno che desidera solo il loro corpo, o i loro soldi, o qualche altro brandello di loro. Ma loro, i figli, chiedono di essere desiderati; e al primo che passa cedono l’anima.



E Desirée ha ceduto l’anima a quelli della casa occupata di San Lorenzo. Intendiamoci, non mi sogno di difenderli, e il problema non è che siano italiani o neri o magrebini o chissà chi. Da questo punto di vista, io sto con i sostenitori della teoria della finestra rotta: se lasciamo che un luogo si degradi, stiamo dicendo che a rovinar le cose non c’è niente di male, e quindi favoriamo comportamenti sempre peggiori (oggi a scuola mia ho risistemato un appendiabiti rotto; meglio, un mio alunno, quando mi ha visto farlo, mi ha tolto il cacciavite di mano e l’ha fatto lui…). Non ho mai capito, fin da ragazzo, come diavolo fosse possibile che esistessero le “case occupate” con il loro corteo di droghe, piccola delinquenza e simili. E quindi ben venga se la morte di Desirée fosse un’occasione per rendere le nostre città un po’ più belle, il che aiuterebbe i nostri ragazzi a crescere un po’ più buoni più di mille corsi sulla legalità. Ma non è questo il punto.



Il punto è – mi si perdoni il bisticcio di parole – chi desidera Desirée. Il punto è che i nostri ragazzi incontrino qualcuno che – dopo le loro madri e, chissà, i loro padri – li desideri davvero. Cioè voglia loro bene così come sono. Cioè capisca la fatica che fanno a diventar grandi. Capisca che diventar grandi nel paese dei balocchi è un’impresa titanica. E li desideri, cioè abbia voglia di far loro compagnia, di proporre loro una compagnia umile e salda, che non si scandalizzi del loro male e della loro debolezza, e – con infinita pazienza, con discrezione infinita, sono allergici a ogni retorica, a ogni risposta preconfezionata, bisogna prenderne atto – mostri loro che il loro desiderio di bene può avere una risposta buona.

Altrimenti possiamo anche usare le ruspe contro la casa occupata di San Lorenzo, ma il lupo cattivo che fin dalla notte dei tempi aspetta Desirée nel bosco per divorarla ci sarà sempre. C’è ancora qualcuno che desidera Desirée per accompagnarla verso il suo desiderio vero?