Sarebbe rimasta segregata per una notte, e non per 15 giorni, la donna chiusa in un cassone di mele dall’ex compagno altoatesino, e suo datore di lavoro. La vicenda risale allo scorso agosto, quando una donna polacca di 44 anni fu trovata in un frutteto di Sommacampagna, in provincia di Verona. La difesa, sulla base di una perizia commissionata al medico legale Gabriella Trenchi, ha confutato le dichiarazioni della stessa vittima. Come riportato da Il Gazzettino, il perito ha verificato la congruità tra quanto affermato dalla vittima della vicenda e quanto emerso dagli accertamenti clinici eseguiti all’ospedale di Villafranca dopo la sua liberazione. La donna aveva riferito alle forze dell’ordine di essere rimasta sequestrata nel cassone per due settimane e di aver ricevuto dai suoi sequestratori solo una mela al giorno e mezzo litro d’acqua. Inoltre, secondo la perizia della difesa, dalle fessure del cassone in plastica non può passare né una mela né una bottiglia d’acqua.
SEGREGATA IN CASSONE MELE: “UNA SOLA NOTTE, NON 15”
La difesa chiederà ora di patteggiare la pena. L’imprenditore agricolo 53enne, Reinhold Thurner, è stato arrestato ad agosto con le accuse di sequestro di persona e tortura. La donna avrebbe avuto anche una relazione con lui. Arrivata da Varsavia per lavorare nei campi dell’uomo, il 14 agosto scorso ha avuto una discussione che è degenerata: l’uomo l’ha rinchiusa nel cassone, nel quale la 44enne è rimasta segregata per due settimane, sotto il sole cocente, con il datore di lavoro-aguzzino che le faceva portare da bere e da mangiare, ma solo una mela e mezzo litro d’acqua al giorno. I lamenti della donna hanno attirato dei giardinieri che stavano lavorando per l’autostrada Brescia-Padova. Ora però la difesa dell’imprenditore contesta il fatto che la vittima sia rimasta segregata per due settimane, nella speranza che ciò possa risultare utile anche in fase di eventuale patteggiamento della pena.