L’abbandono scolastico è una delle massime piaghe del sistema educativo italiano, soprattutto nel meridione. Moltissimi gli studenti che si iscrivono ma che poi abbandonano nel corso degli studi, per una infinità di motivi, uno dei quali è l’attrattiva che le organizzazioni criminali offrono ai giovani, promettendo soldi facili in fretta invece di passare anni sui libri di scuola. Poi ci sono situazioni familiari disastrate, con genitori talvolta in carcere altri disoccupati che non sanno comunicare la passione per lo studio anche perché nella maggioranza dei casi non hanno studiato neanche loro. A Caivano, poco distante da Napoli, una delle tante zone abbandonate della provincia, al confine nord di Napoli dove c’è un tristemente noto parco verde dove si spaccia e si consuma droga, c’è una preside, Eugenia Carfora, che del suo lavoro ha fatto una missione, come racconterà sabato 27 ottobre nel corso del programma su RaiTre i Dieci comandamenti in onda alle 21 e 40.
EUGENIA CARFORA, LA SUPER PRESIDE DI CAIVANO
“Esco subito, comincio a girare per i bar, vado a cercarli, a chiamarli uno per uno, vado loro incontro quando li vedo in fondo al marciapiede” dice, aggiungendo che “Poi una volta che suona la campanella e i ragazzi sono dentro, l’ansia mi passa e sono certa di poter fare qualcosa per loro”. E’ un istituto tecnico alberghiero quello di Morano dove la preside presta servizio. Qua, spiega sei anni fa quando ha cominciato risultavano 719 studenti iscritti ma frequentava meno della metà. Da allora su 380 effettivi se ne sono andati circa 90: “Non vengono più, ed è il mio grande dolore, perché la sfida qui è portarli davvero dentro le classi”. Dice che vorrebbe avere i professori migliori d’Italia, quelli più motivati. Difficile trovarne in un ambiente, quello della scuola, dove per tanti motivi gli insegnanti sono una sorta di impiegati che timbrano il cartellino perché non hanno nessuna motivazione per fare il loro lavoro. Qua poi è anche più difficile dice la preside. “Arrivano persone che non riescono a reggere questo ambiente e non vedono l’ora di andarsene”. Eugenia Carfora spiega il suo metodo: “Cerco di far capire che ogni azione ha una conseguenza: arrivi in ritardo, chiamo la famiglia, non hai consegnato il cellulare, veniamo a chiedertelo”. Ma saranno sufficienti regole e regolamenti per instillare nei ragazzi la voglia di andare a scuola? Per adesso almeno non è più come sei anni fa quando in alcune aule una famiglia dei custodi aveva piazzato la propria abitazione e in altre aule era stata aperta una tintoria.