Blitz della Guardia di Finanza, nella giornata di oggi, presso la sede romana di Casapound in via Napoleone III occupata nel 2003 e disposto dalla Procura della Corte dei Conti. L’ispezione giunge dopo quella saltata dello scorso 22 ottobre in seguito all’opposizione di alcuni militanti di estrema destra ma, secondo il segretario del movimento delle tartarughe frecciate, Simone Di Stefano, si sarebbe svolta “nella più totale riservatezza e tranquillità”. Il blitz della Finanza, come spiega Il Messaggero, è avvenuto nell’ambito delle indagini sul danno erariale prodotto dall’occupazione dell’edificio del Demanio. Su Twitter Di Stefano ha però messo a tacere sul nascere le eventuali polemiche commentando nel pomeriggio di oggi: “Si è svolta oggi nella massima tranquillità l’ispezione della GDF al palazzo di Via Napoleone III. Come da verbale redatto risultano 18 abitazioni, una sala conferenze e una portineria. Niente uffici o altre cose inventate dai media. Vi è andata male. (Niente bagni di sangue)”.



DI STEFANO: “TANTO RUMORE PER NULLA”

E’ sempre Di Stefano, leader di Casapound, a commentare ulteriormente quanto avvenuto oggi in seguito all’ispezione nella sede del movimento da parte delle Fiamme Gialle: “Tanto rumore per nulla”, ha commentato, spiegando che il loro assenso era arrivato già in precedenza e oggi ribadito ulteriormente alle autorità. “Nessuna minaccia, nessuna contrapposizione, nessuna denuncia, nessun ‘bagno di sangue’, come da subito precisato dalle forze di polizia presenti”, ha aggiunto. Quindi ha spiegato che lo stabile è occupato integralmente da 18 famiglie italiane in stato di grave emergenza abitativa, come redatto dalla Gdf. “Il movimento, nato per dar risposta a quella emergenza, ha iniziato da lì il suo percorso di crescita, eleggendo a simbolo il luogo della sua prima azione politica”, ha precisato il leader. La sede di via Napoleone III, una delle 5 presenti a Roma, è quella legale del movimento. Sull’intero territorio nazionale, secondo Di Stefano, solo oltre 140 sedi. “Siamo pronti oggi, come sempre lo siamo stati a parlare con tutti; ciò a cui ci diciamo indisponibili è rinunciare alla sacralità di un gesto e di un luogo, convinti come siamo che se si tagliano le radici, anche l’albero più solido è destinato a morire”, ha chiosato Di Stefano.

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