In attesa della presentazione della Nota di aggiornamento al Def, Confindustria esprime preoccupazione per le mosse annunciate dal governo Lega-M5s. Come riportato da Il Secolo XIX, il Centro Studi dell’associazione degli imprenditori ha chiarito nella sua analisi che il problema non è neanche tanto il deficit al 2,4%, definito “poca cosa rispetto agli impegni politici assunti”. Secondo Confindustria il vero nodo è “non smontare le riforme pensionistiche perché ciò renderebbe necessario aumentare il prelievo contributivo sul lavoro. Se il meccanismo di ’quota 100’, per permettere l’anticipo della pensione, venisse introdotto, andrebbe invece nella direzione opposta”. Difficile però che Salvini o Di Maio possano dare ascolto all’appello di Confindustria: il superamento della Legge Fornero sulle pensioni è infatti parte del contratto di governo, oltre che cavallo di battaglia soprattutto della Lega. (agg. di Dario D’Angelo)
TRIA, “NON E’ GOVERNO DELLA FINANZA ALLEGRA”
L’allarme di Confindustria è chiaro e circoscritto: l’aumento del deficit al 2,4% deciso dal governo “potrebbe portare a più tasse in futuro e ad aumentare il tasso di risparmio già oggi”. A rispondere alle perplessità degli industriali è però il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che proprio in occasione della presentazione del rapporto del Centro studi sullo stato dell’economia italiana precisa:”Nel 2019 ci sarà una scostamento dagli impegni di riduzione del deficit presi con l’Ue e poi negli anni successivi ci sarà una graduale riduzione”. Per quanto sia stato il più acceso sostenitore degli impegni con l’Ue, Tria ha difeso oggi la svolta sul deficit al 2,4% sottolineando – come riportato da Il Secolo XIX – che “non mi pare che si possa delineare un governo da finanza allegra o che dia spazio per far saltare i conti pubblici. Assicuriamo una accelerazione rispetto al passato della riduzione del debito pubblico: nella manovra c’è una forte gradualità. Le promesse andranno nel corso della legislatura”. (agg. di Dario D’Angelo)
CONFINDUSTRIA, STIME AL RIBASSO PER IL PIL
Sono stime al ribasso quelle di Confindustria in merito alla crescita del prodotto interno lordo per il 2018 e il 2019. Stando a quanto previsto dal centro studi degli industriali, il Pil crescerà dell’1.1% nel 2018, e dello 0.9% l’anno successivo, in ribasso quindi di 0.2 punti percentuali per entrambi gli anni rispetto alle previsioni di giugno. Andrea Montanino, capo economista, è convinto che fra i fattori che influenzeranno negativamente l’aumento del pil, vi è lo spread e «l’incertezza sulla capacità del governo – si legge su TgCom24.it – di incidere sui nodi dell’economia e sulla sostenibilità del contratto di governo che causa meno fiducia negli operatori».
“ERRATA LA RIFORMA PENSIONISTICA”
Industriali quindi delusi dalla manovra di bilancio pronta ad essere attuata, e secondo gli stessi l’aumento del deficit al 2.4% previsto dal governo, «E’ poca cosa rispetto agli impegni politici assunti: se le coperture non saranno ben definite si rischia ex post un rapporto deficit/Pil più alto». L’aumento del deficit, sostengono, servirà per alcune manovre urgenti come il reddito di cittadinanza e la riforma pensionistica, ma questo «potrebbe portare a più tasse in futuro e ad aumentare il tasso di risparmio già oggi». Anche per quanto riguarda la quota 100 sulle pensioni, gli industriali sembrerebbero molto scettici: «Smontare le riforme pensionistiche renderebbe necessario aumentare il prelievo contributivo sul lavoro. Se il meccanismo di ‘quota 100’ venisse introdotto, andrebbe invece nella direzione opposta».