Un lato umano e un altro professionale, ma era esattamente lo stesso: in queste ore di lutto nella magistratura italiana per la scomparsa di Simonetta D’Alessandro non sono pochi i colleghi che ne ricordano l’assoluta coerenza e “bontà” pur rimanendo una straordinaria professionista nei lunghi anni di carriera. «Maschere non ne indossava, ma mostrava a tutti e sempre il suo lato umano e femminile insieme a quello del magistrato, che riusciva a non mettere da parte nessuna delle mille sfaccettature della sua anima persino mentre in aula dirigeva processi importanti e che ha scritto sentenze, ordinanze, decreti impeccabili eppure vivi come se fossero romanzi», spiega all’Ansa Costantino De Robbio, un giudice che la conosceva molto bene. Una donna autentica, una donna umana come ricorda anche l’ex presidente Anm Eugenio Albamonte, «Era una donna talmente eccezionale che oggi qualsiasi commento sembra banale ed inadeguato a ricordarla». (agg. di Niccolò Magnani)



“DECISIVA PER IL CASO MARCONE”

Originaria di Foggia, Simonetta D’Alessandro è molto ricordata nella sua Puglia specie dopo il terribile caso Marcone, l’omicidio del direttore dell’ufficio di registro assassinato il 31 marzo 1995 in pieno agguato stile mafia: porta la sua firma la prima richiesta di archiviazione del caso, come ricorda a Foggia Today Daniela Marcone, «Avevamo dieci giorni per opporci e non ci era stata neanche rilasciata copia della documentazione. Erano tempi diversi per le vittime, in cui la giustizia non aveva la stessa attenzione e tutela che riserva oggi, a seguito di direttiva europea. Il pm era la nostra garanzia e non si era abituati a familiari che volevano leggere, approfondire. Ricordo che ci riunimmo in una stanzetta del Tribunale. Eravamo confusi. Fu lei, tramite Oreste De Finis, nostro amico fraterno in questa battaglia, a chiedere di incontrarci. Aveva firmato in quanto gip la richiesta di archiviazione ma ci volle rasserenare, dire che la giustizia stava lavorando, che dovevamo credere in ciò che si stava facendo». Non solo, sempre secondo la Marcone quel giudice seppur non rivelò mai nulla, «era molto professionale nel suo lavoro e rigorosa, ma in quel momento volle trasmetterci vicinanza emotiva. Spronandoci ad avere fiducia. Ebbe rispetto del nostro dolore, in quegli anni difficilissimi mi colpì l’umanità di quella donna, non eravamo abituati, consideri che nei mesi precedenti, nonostante le insistenti richieste, nessuno dal Tribunale aveva mai accettato di vederci». (agg. di Niccolò Magnani)



ANM, “CORAGGIOSA E INTELLIGENTE”

Simonetta D’Alessandro, giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, trovata morta ieri nella sua abitazione, era un bravo magistrato. Lo si evince dai commenti dei suoi stessi colleghi, di cui dà conto l’edizione romana online de Il Corriere della Sera. Il procuratore aggiunto Francesco Caporale ne parla come di una persona “sempre in prima linea, senza risparmiarsi mai. Una collega fra le migliori”. Gli fa eco Giuseppe Cascini, consigliere del Csm e a sua volta procuratore aggiunto di Roma, secondo cui la D’Alessandro era una “persona solare, seria, appassionata e impegnata. Insomma un punto di riferimento per tutti noi. Una donna piena di gioia di vivere e molto concentrata sulla sua professione in cui era fra l’altro molto brava”. Per Simonetta D’Alessandro non è tardato ad arrivare anche il tributo dell’Associazione Nazionale Magistrati:”Ci ha lasciati una compagna di strada intelligente, coraggiosa e profondamente innamorata del suo lavoro”. (agg. di Dario D’Angelo)



IL RICORDO DI CHI L’HA CONOSCIUTA

«Dagli arresti dei Fasciani per mafia nel 2013 a quelli degli Spada sempre per 416bis lo scorso gennaio. Portano la tua firma queste grandiose operazioni contro la mafia. Perché tu sei stata la prima a riconoscerla. Che la mia gratitudine e il mio amore arrivino ovunque tu sia grandissima Donna. Sono felice di averti resa eterna col mio libro #amanodisarmata»: così Federica Angeli, la giornalista di Ostia che per prima ha denunciato i soprusi e le minacce del clan mafioso degli Spada. L’ipotesi della morta di Simonetta D’Alessandro è ormai quasi stabilita in un malore, anche se i controlli proseguono data la delicatezza del caso e l’importanza che quella giudice aveva per le tante inchieste affrontate nel corso della sua carriera. La sua vicina di casa in gioventù, Maria Pia, la ricorda così in una intervista a FoggiaToday: «Era mia vicina di casa a Siponto per tantissimi anni. Ricordo quando c’era una pattuglia della polizia fissa a proteggerla. Grande donna! Mi spiace molto per la sua morte». (agg. di Niccolò Magnani)

TUTTE LE INCHIESTE DEL GIUDICE D’ALESSANDRO

Simonetta D’Alessandro è morta: il magistrato è stato trovato senza vita oggi da vigili del fuoco e carabinieri, che erano intervenuti nel suo appartamento dopo che il figlio ha lanciato l’allarme. Non la sentiva da qualche ora, quindi ha allertato le forze dell’ordine che si sono recate in Passeggiata di Ripetta. D’Alessandro, 58 anni, da qualche mese era presidente della X Sezione penale del tribunale a piazzale Clodio, ma prima giudice per le indagini preliminari in molte importanti inchieste giudiziarie, da Mafia Capitale ai clan di Ostia, dal caso Tulliani agli appalti sui campi nomadi. Inoltre, nel gennaio scorso aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare per 32 persone affiliate al clan Spada di Ostia. Stando a quanto riportato da Repubblica, una prima ipotesi sostiene che il magistrato sarebbe morto per un malore, ma sono in corso accertamenti da parte dei militari dell’arma. 

SIMONETTA D’ALESSANDRO, GIUDICE TROVATA MORTA IN CASA

L’abitazione del magistrato Simonetta D’Alessandro è stata trovata in ordine, inoltre non ci sarebbero segni di aggressione. Anche per questo la prima ipotesi è che sia stata vittima di un malore. I carabinieri della stazione Roma Prati, intervenuti dopo la segnalazione del figlio 25enne che si è presentato in caserma non avendo notizie della madre, hanno rinvenuto il corpo senza vita della donna dopo aver aperto la porta con i vigili del fuoco. Non sarebbero stati trovati segni di effrazione in casa. Intanto la salma è stata messa a disposizione del magistrato. Simonetta D’Alessandro, che da Foggia si era trasferita a Roma, è stata titolare dell’inchiesta Fini-Tulliani. Nel 2016 decise l’archiviazione dell’ultima inchiesta sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra il 18 giugno 1982. Ma si è occupata anche di terrorismo e nuove Brigate rosse.