La contesa tra Italia e Germania sul respingimento nel nostro Paese dei “migranti secondari”, con il nostro governo che chiude gli aeroporti ai voli da Monaco e Francoforte — perché carichi di stranieri arrivati in terra tedesca dopo essere approdati sulle nostre coste e che perciò in base al trattato di Dublino toccano a noi —; questa disfida ha in sé qualcosa di tragicamente reale (1) ed insieme goffamente surreale (2). 



(1) I due principali contendenti infatti, i ministri dell’Interno dei rispettivi Paesi (Matteo Salvini della Lega e Horst Seehofer della Csu, la Dc bavarese), hanno le stesse idee in fatto di profughi: non ne vogliono. Ovvio che, in coerenza con questi principi, ciascuno cerchi di piazzare dovunque purché non in casa propria gli stranieri extracomunitari, come si fa con le merci scadute e pericolose. La tragedia è questa: ed è doppia. Se ciascuno fa per sé, e pensa soltanto ai propri interessi e alla solidità dei chiavistelli alle sue frontiere (e questo non vale solo tra Roma e Berlino, ma anche nei rapporti reciproci di tutte le capitali d’Europa e Africa e Asia, dove nessuno vuole nessuno) si finirà in una guerra che potrà assumere forme commerciali o di blitz militari: e sarebbe un guaio comunque, o addirittura un orrore. 



D’altra parte abbiamo visto che la mollezza dei governi italiani precedenti, a parte un certo atteggiamento di Marco Minniti, ha creato un sistema assai comodo per Francia, Germania e gli altri Paesi Ue, caricare sulle spalle dell’Italia pesi insostenibili e che, alla lunga, avrebbero fatto esplodere un disastro sociale. Il proverbio spagnolo “chi si fa agnello, il lupo lo mangia” nella politica dei rapporti di forza travolge i teneri di cuore. Ma se tutti fanno i duri, e tirano su muri senza pertugi per respirare, paghiamo un prezzo persino peggiore: la perdita dell’umanità. Faceva veramente una triste impressione sentire parlare di persone come oggetti ancora domenica sera al Tg1, dove si diceva che nei mesi scorsi la polizia tedesca ha “consegnato” pacchi di transfughi a quella italiana, che se li deve tenere in base appunto a Dublino ecc.



Se i ragionamenti sono questi, non può che esserci uno scontro politico che, portato allo spasimo, aprirebbe un conflitto rischiosissimo con i tedeschi, i quali sono portati a tutto meno che alla flessibilità. 

(2) Eppure proprio questa comune base ideologica, che oggi porta al cozzare di teste di bronzo, porterà i nemici di adesso ad unire le proprie forze alle elezioni europee del prossimo maggio. Forse addirittura è una pantomima, utile a mostrare che l’attuale leadership europea non è in grado di gestire il destino dei 27 Paesi armonicamente. Magari non durante la campagna elettorale, ma alla conta dei voti Lega e Csu potranno, insieme ad altri partiti di destra o comunque populisti, ribaltare l’attuale élite di Bruxelles, esprimendo una Commissione che cambierà radicalmente le politiche di bilancio e quelle sui confini esterni, con piani di espulsione di irregolari realizzate con modi spicci se non brutali.

Qualcuno potrà dire: sano machiavellismo, meno male, era ora. Ma personalmente sono convinto che ci debba essere una strada di realismo umanitario basato proprio sulle radici cristiane spesso vantate dai populisti. Un realismo severo e magnanimo insieme, che respinga gli estremismi di buonismo e cattivismo con esiti entrambi disastrosi. Oggi occorrerebbe un estremismo del buon senso. Ma chi ce l’ha? Papa Francesco si è espresso ripetutamente a favore di un’immigrazione che rispetti i parametri dei diritti umani e insieme la sostenibilità sociale di questi nuovi giunti nei Paesi d’approdo. E ha negato i diritti di un’economia che abbia come unico credo il profitto a discapito della centralità dell’uomo e del lavoro (vedi l’intervista al Sole 24 Ore a cura di Guido Gentili, 8 settembre 2018).

Intanto aspettiamoci botte da orbi almeno fino al 14 ottobre. E’ questo il giorno delle elezioni in Baviera, terra appunto di Seehofer, insieme alla Lombardia la regione più ricca d’Europa. Qui fino a poco tempo fa la Csu era maggioranza assoluta. Poi è scesa, ma restando di gran lunga il primo partito. Alleato riottoso, anche stavolta, della Csu di Angela Merkel, ritenuta troppo morbida sui migranti e troppo accomodante con il Sud Europa dei fannulloni. Secondo sondaggi di alcuni mesi fa, l’estrema destra di Alleanza per la Germania (AfD) rischiava addirittura di sorpassare la Csu, o comunque di essere il secondo partito, dando vita in Baviera a una coalizione che metterebbe in crisi gli accordi a Berlino tra Cdu, Csu e i socialdemocratici (Spd).

Ora le indagini d’opinione accreditano la Csu di un rassicurante 33 per cento, mentre respingono al terzo o addirittura al quarto posto i nostalgici del nazismo, che – anche se formalmente alleati di Salvini – sono un po’ troppo anche per l’iperrealismo del capo leghista, il quale sarebbe più lieto di un ribaltamento all’interno dei democristiani tedeschi che declassi la Merkel, ormai consapevole di essere al tramonto. E non è finita: il 28 ottobre si vota in Assia. E il traguardo delle elezioni europee si avvicina. Ci sarà comunque tempesta.