Dario Argento e la politica vista da chi di horror se ne intende: il regista italiano, ospite della puntata di quest’oggi di Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, si diverte a fare un parallelismo tra il genere che l’ha reso celebre e i principali protagonisti della cosa pubblica, non risparmiando confronti al vetriolo e qualche stoccatina tra gli altri pure a Matteo Renzi. “Oggi è l’epoca degli zombie, se si va alla Camera qualcuno se ne trova” spiega il 78enne regista originario di Roma che, tra cinema e horror, prova a riflettere sulla crisi profonda che sta vivendo il Partito Democratico e individuandone il responsabile: “Il neozombismo l’ha diffuso Renzi, poi però ci sono tanti zombie più piccoli, alcuni invece se ne sono andati, altri stanno zitti oppure al contrario parlano molto…” scherza il padre di Asia Argento che tuttavia non ha risparmiato nemmeno gli avversari dell’ex segretario dem.
“SALVINI PAUROSO COME ‘PROFONDO ROSSO’…”
Nella sua ospitata su Radio Rai1, infatti, Dario Argento ha scherzato pure su Matteo Salvini, definito “più pauroso di Profondo Rosso” dato che a suo dire è molto più concreto e in certi momenti incuterebbe davvero paura. A un certo punto il maestro italiano di quel genere che è però sempre stato apprezzato ad altre latitudini si lancia in una vera e propria sceneggiatura a metà tra la politica e il terrore, con ambientazione Montecitorio. Secondo il regista, infatti, il premier Giuseppe Conte in un ideale film potrebbe avere la parte del maggiordomo (con frecciatina al fatto che il Primo Ministro sarebbe in posizione secondaria rispetto ai suoi due vicepremier) dato che è “tranquillo e perbene”, mentre chi potrebbe portare il colpo di scena in questa ideale pellicola è invece Luigi Di Maio: “Per scegliere l’assassino, ecco Di Maio, così insospettabile e con quel suo sorrisetto ironico”. E alla domanda su quale metodo potrebbe essere il prediletto del leader pentastellato per eliminare i suoi nemici, Dario Argento non ha dubbi: “Mettendo del veleno nel caffè, magari proprio di Salvini…”. E chi vuole intendere, intenda.