Martina Giacconi è stata ritenuta colpevole in concorso con il fidanzato Antonio Tagliata dell’omicidio dei suoi genitori, avvenuto ad Ancona il 7 novembre 2015: ma quando uscirà di prigione potrà andare a vivere nella casa in cui i coniugi Roberta Pierini e Fabio Giacconi vennero trucidati a colpi di pistola. Questa la decisione del giudice in Cassazione, al termine di un iter che ha visto coinvolti da vicino i parenti delle vittime, che hanno sempre ritenuto la ragazza estranea ai fatti nonostante una condanna in via definitiva a 16 anni di reclusione per concorso in omicidio volontario aggravato che dal 2015 – come riportato dal Corriere Adriatico – la vede reclusa nel carcere minorile di Nisida, Napoli. Era stato il giudice minorile, in primo grado, a mantenere il sequestro dell’abitazione, che poteva finire oggetto di un contenzioso tra Martina e gli altri parenti, nel caso in cui quest’ultimi avessero richiesto la dichiarazione di indegnità. Un diritto al quale i familiari di Martina Giacconi hanno rinunciato aprendo le porte al dissequestro dell’appartamento.



ANCONA, UCCISE I GENITORI: POTRA’ VIVERE NELLA LORO CASA

La decisione del giudice di consentire a Martina Giacconi, condannata a 16 anni di reclusione per aver ucciso i suoi genitori con l’aiuto del fidanzata, per quanto impopolare è motivata da un ragionamento logico. Avendo gli altri parenti rinunciato ad ogni tipo di rivalsa sulla casa della mattanza, la ragazza è l’erede diretta dell’appartamento al terzo piano di via Crivelli 9 in cui si consumò il duplice delitto. Come riportato dal Corriere Adriatico, a provocare la morte dei coniugi Roberta Pierini e Fabio Giacconi fu una raffica di proiettili esplosi da una Beretta, impugnata dal 21enne Tagliata. Il giovane, condannato a 20 anni in appello, ha rinunciato alla Cassazione, come spiega il suo avvocato Manfredo Fiormonti: “E’ stata una decisione di Antonio“. Intanto, come riporta Ancona Today, l’avvocato l’avvocato Paolo Sfrappini, difensore della 18enne, sta lavorando anche sul fronte della giustizia civile per il Tfr dei genitori, mai versati dai datori di lavoro (Monopoli di Stato e Aeronautica Militare) che sostengono l’indegnità della 18enne.

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