La decisione del Ministero della Difesa, per voce del Ministro Trenta, di ritirare il ricorso per il risarcimento di un euro al quale il Governo è stato condannato per il caso di Davide Cervia, rappresenta “de facto” una ammissione sul rapimento del sergente avvenuto il 12 settembre del 1990. La revoca del ricorso dello Stato, nonostante la vicenda rimanga avvolta da molti misteri, rappresenta un’ammissione sul fatto che la vicenda non sia stata trattata nel modo adeguato, e sul fatto che la famiglia non è stata assistita nella ricerca di “rispetto e verità”, come affermato dallo stesso Ministro Trenta, ricevendo un ringraziamento da parte della famiglia che si è detta da anni priva anche di un minimo gesto di umanità da parte di chi avrebbe dovuto lavorare per far luce sulla scomparsa del sergente Cervia. Anche se la verità su quella che è stata la fine dell’esperto di guerra elettronica è ancora lontana dall’essere svelata. (agg. di Fabio Belli)



LA MOGLIE MARISA RINGRAZIA IL MINISTRO

Svolta nella scomparsa di Davide Cervia. Il sergente esperto di guerra elettronica, che sparì misteriosamente a Velletri il 12 settembre del 1990, e che da quel giorno non venne più trovato. Una vicenda piena di lati oscuri, che oggi lo stato ha riconosciuto di aver trattato non in maniera adeguata. A riguardo è infatti uscita allo scoperto il ministro della difesa, Trenta, che ha ammesso di «Riconoscere gli errori dello Stato – si legge sull’edizione online di Repubblica verso una famiglia che merita rispetto e verità». Come dicevamo, non si è mai scoperto che fine abbia fatto Cervia, e la famiglia ancora oggi attende di saperla: «Ringrazio il ministro Trenta, dal quale ho avuto un gesto di umanità mai ricevuto finora – ha detto la moglie di Cervia, Marisa Gentili – Ma adesso la politica, se ha davvero intenzione di far luce sulla scomparsa di mio marito, istituisca un’apposita commissione parlamentare di inchiesta. Dietro il suo rapimento potrebbe esserci il traffico di armi e il depistaggio da pezzi dello Stato deviati».



DAVIDE CERVIA, LO STATO CHIEDE SCUSA

Nel 1997, sette anni dopo la scomparsa, la donna ricevette una telefonata in cui dall’altro lato vi era la voce di Cervia, ma si trattava di una registrazione. Nel 2000 venne archiviato il fascicolo per impossibilità nell’individuare i colpevoli, mentre nel 2012 la famiglia fece causa al governo, che lo scorso gennaio vene condannato al risarcimento di un euro, la somma simbolica chiesta della stessa famiglia che pretendeva il sacrosanto diritto alla verità, o meglio, il diritto «a chiedere e ad ottenere, dai soggetti che le detenevano, ogni notizia ed ogni informazione relativa al proprio congiunto, al fine della individuazione delle ragioni della sua scomparsa». Secondo quanto stabilito dal tribunale, la Marina non avrebbe agito in maniera tempestiva e completa, omettendo delle informazioni che invece sarebbero potute risultare decisive per la ricerca di Cervia.

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