La notizia, raccolta da una dichiarazione del cardinale Becciu, che ha confermato l’esistenza di un presunto miracolo di papa Giovanni Paolo I al vaglio della commissione medica della Congregazione per le cause dei santi (“Si tratta di una guarigione che riguarda una donna di Buenos Aires, in Argentina”) ha destato subito l’attenzione generale. Il “papa del sorriso” come veniva definito, pontefice per soli 33 giorni, ha purtroppo sempre ricevuto più attenzione per la morte apparentemente misteriosa che nessuno poteva immaginare. Stefania Falasca, vicepostulatrice della causa di canonizzazione, ci ha confermato la notizia, ma soprattutto ci ha spiegato in cosa consiste il percorso che la Congregazione sta facendo su Albino Luciani.
Esattamente un anno fa papa Francesco ha riconosciuto le “virtù eroiche” di Giovanni Paolo I: che cosa significa esattamente questa definizione?
Le virtù eroiche è una dicitura tecnica, vuol dire che in una causa di canonizzazione questa è la prima di alcune tappe. Viene cioè riconosciuto che il soggetto in questione ha praticato tutte le virtù cristiane, ma in grado “non comune”.
Che cosa fa la Chiesa?
Si studiano le prove documentali e testamentali da cui emerge il vissuto quotidiano della persona, per stabilire se ha vissuto dentro le sue circostanze storiche, particolari, queste virtù in grado non comune. Ovviamente sono le tre virtù cardinali e le tre teologali più tutte quelle annesse come la povertà. Nel suo caso, quello di un pastore che era stato sempre uomo di governo nella Chiesa, da parroco a cardinale e infine papa, contano molto virtù come quella della prudenza.
Lei lo ha definito un comunicatore dal linguaggio semplice, ma di grande preparazione culturale, che “sminuzzava i contenuti perché l’annuncio possa arrivare a chiunque”. E’ d’accordo che c’è una certa similitudine con il linguaggio di papa Bergoglio?
Assolutamente sì. Un approccio che ovviamente non va confuso con la faciloneria. Questo modo di comunicare affonda le sue radici teologiche in sant’Agostino, nel canone del servo umile. Sant’Agostino diceva che un messaggio deve arrivare a tutti altrimenti ne va della verità del messaggio stesso. E’ un’arte, non è improvvisazione.
Il titolo del libro che lei ha scritto è molto esplicito: “Cronaca di una morte”. Sulla scomparsa di Luciani si è detto di tutto.
Purtroppo la sua morte è il caso più longevo di fake news del Novecento. Ancora oggi persone non documentate si permettono di speculare su questo fatto. Il mio libro ricostruisce invece attraverso documenti, testimonianze inedite, carteggi, esami dei medici, come si fa in ogni processo, le vere cause. E’ materiale processuale e chiude la faccenda.
In che modo?
Non c’è stata alcuna morte violenta (si è trattato di “infarto acuto del miocardio”, ndr). La sua morte ha invece fagocitato tutto quello che quest’uomo era stato e la canonizzazione vuole essere il modo per ricondurlo alla sua storia di dignità che merita.
Nel 2008 era stato reso pubblico il caso di un uomo di Altamura, in Puglia, colpito all’inizio degli anni 90 da un linfoma gastrico e poi apparentemente guarito senza una spiegazione scientifica. Il presunto miracolo però alla fine non convinse la commissione medica, che decise di accantonare definitivamente il caso. E’ così?
Il caso non arrivò neanche ai medici di Roma. C’è molta ignoranza su come si svolge una causa di beatificazione. Il processo sul miracolo è diviso in due parti, c’è prima un’inchiesta diocesana nel luogo dove si è verificato il presunto caso poi la diocesi manda tutto a Roma, dove inizia la seconda parte, quella di studio, ed è l’iter ufficiale. Possono essere aperti contemporaneamente più processi per casi di presunti miracoli. Nel caso in questione il caso era stato aperto e poi chiuso in diocesi, senza neanche arrivare a Roma.
Il cardinale Becciu ha parlato del caso di una donna argentina attualmente sotto esame, ce lo conferma?
Ne avevamo già parlato dicendo pubblicamente che c’era un caso in America Latina. Ovviamente per ragioni di privacy non si può dire nulla al momento, ma posso confermare che c’è un caso attualmente allo studio. Non è cosa che deve stupire, se pensiamo che nel caso di Giovanni XXIII si studiarono tre miracoli e poi se ne scelse uno solo.
(Paolo Vites)