Importanti aggiornamenti sul caso dell’omicidio Maurizio Pozzi, il commerciante di 69 anni ucciso nel suo appartamento di Milano lo scorso 5 febbraio 2018. Ritenuta colpevole, come mandante del delitto, la figlia Simona Pozzi: come riportato dall’Ansa, la Cassazione ha annullato con rinvio a un nuovo giudizio del Tribunale del Riesame di Milano l’ordinanza dello stesso Riesame di custodia cautelare in carcere per la 45enne. Assistita dall’avvocato Franco Silva, Simona Pozzi resta dunque libera: ricordiamo che a luglio i pubblici ministeri Alberto Nobili e Antonio Pavan si erano visti accogliere il ricorso contro il no del gip all’arresto della donna da parte del Riesame. I legali della quarantacinquenne avevano impugnato l’ordinanza in Cassazione e poche ore fa è giunta la decisione dell’organo: necessaria una nuova valutazione del Riesame sulla base “degli elementi che la Cassazone indicherà nelle motivazioni”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
“NON HO FATTO UCCIDERE MIO PADRE”
Simona Pozzi, la 45enne accusata di essere la mandante dell’omicidio del padre Maurizio, commerciante 69enne molto noto nel quartiere milanese di Affori, ha sempre sostenuto con forza la sua totale innocenza. L’ultima importante svolta è avvenuta poco meno di un mese fa, quando ad esprimersi sulla richiesta di arresto a carico della donna, avanzata dai pm milanesi era stato il gip Franco Cantù Rajnoldi con un altro “no”. La Pozzi resta così libera in attesa che la Cassazione possa esprimersi sul sì del Riesame al carcere con l’accusa di omicidio. Gli stessi magistrati dell’accusa avevano però chiesto che Simona Pozzi venisse almeno arrestata per tentato omicidio, poichè già nel 2013 aveva dato mandato ad un uomo di ammazzare il padre. La richiesta di arresto, già bocciata nei mesi scorsi, ha trovato però ancora una volta l’opposizione del giudice che si è invece espresso sull’accusa di tentato omicidio, riqualificandola in lesioni gravi (in quel caso Maurizio Pozzi fu colpito più volte con un bastone), respingendo però la richiesta di custodia in carcere per assenza del pericolo di reiterazione del reato, essendo il padre già morto. Per la giornata di oggi, però, la trasmissione Quarto Grado seguirà da vicino il caso in attesa del provvedimento su Simona Pozzi da parte del Tribunale di Milano: la Corte dovrà esprimersi sul destino della 45ennee decidere se debba o meno andare in carcere.
OMICIDIO MAURIZIO POZZI: SOSPETTI SULLA FIGLIA SIMONA
Simona Pozzi, da oltre due anni è la principale sospettata della morte del padre Maurizio Pozzi. Nel dettaglio, la 45enne al centro di una complessa diatriba giudiziaria, è accusata di essere la mandante dell’omicidio dell’uomo, commerciante di Affori. Destinataria prima di un ordine di arresto, poi sconfessato dal tribunale e successivamente autorizzato dal Riesame, ora aspetta con ansia che ad esprimersi sul suo destino sia la Cassazione. L’omicidio di Maurizio Pozzi avvenne il 5 febbraio 2016, nel suo appartamento a Milano, in via Carli. Il killer del negoziante, dopo averlo ucciso chiuse la porta della casa a chiave. A trovarlo fu la moglie, quando ancora l’uomo era agonizzante. Sul posto, subito allertata dalla madre giunse anche Simona la quale, come ammise in una intervista al Corriere di qualche mese fa, lo trovò che respirava ancora, con addosso gli occhiali ed una ferita al capo. La scientifica portò via una maniglia supponendo che potesse aver battuto la testa ma l’inchiesta, con il passare dei mesi, non riuscì a rivelare un esecutore materiale, un possibile movente e soprattutto una ipotetica arma del delitto. I sospetti sulla figlia, subito dopo la morte dell’uomo si fecero invece sempre più insistenti.
SIMONA POZZI, I SOSPETTI: FU LEI A COMMISSIONARE IL DELITTO?
A carico della 45enne Simona Pozzi, sempre dichiaratasi innocente rispetto alla morte del padre Maurizio, ci sono stati solo sospetti, seppur pesanti, ma nessuna prova concreta. Poco prima dell’omicidio, tra padre e figlia non erano mancati litigi anche molto violenti ed espliciti, al punto tale che la donna aveva confessato all’ex marito di essere arrivata persino a somministrare alla vittima dei tranquillanti per tenerlo a bada e renderlo così innocuo. Inoltre, le sole persone ad essere in possesso della chiave dell’appartamento divenuto teatro del delitto erano solo la moglie e la figlia. Secondo l’accusa poi, come rammenta Tiscali.it, già in precedenza Simona aveva tentato di uccidere l’uomo prima in un agguato e poi con il veleno nella minestra. Per questi tentativi di omicidio era stato incaricato il boss della ‘ndrangheta Pasquale Tallarico, il quale rivelò tutto agli inquirenti in occasione di un suo arresto nel 2017. Ma Simona Pozzi, in oltre due anni, ha sempre smentito le accuse, a partire dalla conoscenza di Tallarico: “Posso affermarlo con la coscienza pulita: non ho mai visto questo personaggio”, aveva asserito. Per l’accusa il movente resterebbe legato a questioni economiche, in particolare ai debiti. Nel dettaglio, l’uomo avrebbe avuto la “colpa” di rappresentare in ostacolo alla sua folle gestione del patrimonio di famiglia. Ma Simona Pozzi ha negato anche le accuse di aver accumulato debiti per oltre 800mila euro smentendo i presunti collegamenti con la droga e con il gioco d’azzardo. Pur ammettendo gli screzi, la donna aveva ammesso: “A testa alta, anche se dovessi marcire in galera, continuerò a dire che non ho assoldato nessuno per fare del male a mio padre”.