L’inchiesta sul presunto inquinamento arriva fino a Padova, con perquisizioni in tutta Italia partite dalla Procura di Lecce: i carabinieri del Noe su delega dei giudici hanno perquisito ieri la sede della SGS Italia a Villafranca Padovana, una delle multinazionali che si ossuta di analisi ambientali. Secondo la tesi della Procura, il laboratorio veneto avrebbe lavorato per conto di Tap per condurre diverse analisi sulla qualità delle false nelle coste pugliesi in cui avrebbero state trovate tracce di cromo esavalente. Come spiega Il Gazzettino questa mattina, «Le analisi erano state commissionate nel 2017, e l’obiettivo ora è capire se i vertici della multinazionale che sta realizzando il gasdotto fossero a conoscenza dell’inquinamento delle falde al cantiere di Melendugno». Intanto i tre indagati stanno fornendo tutti i documenti utili per capire la loro reale posizione nel merito di questa maxi inchiesta destinata a complicare e non poco i piani e i tempi del Tap in Puglia. (agg. di Niccolò Magnani)



DOPPIO FRENO AL GASDOTTO DA TAR E PROCURA

Un doppio freno in poche ore per il gasdotto dopo lo scontro accesissimo in maggioranza tra Lega e M5s sul Tap in Puglia: la Procura con l’inchiesta sulla faida inquinata e il Tar del Lazio che tiene ancora fermo il cantiere di San Basilio, la località di Melendugno dove l’infrastruttura adriatica arriverà dai Balcani. Poche ore prima infatti dell’indagine scattata con 3 sotto il mirino dei giudici – oltre alle perquisizioni nelle sedi delle società impegnate nel Tap – i giudici amministrativi del Lazio avevano deciso di rinviare l’istanza finalizzata a far annullare l’ordinanza del sindaco Potì che aveva di fatto bloccato il cantiere nello corso luglio. Rinviando ogni decisione all’udienza del 5 dicembre, il Tar del Lazio ha richiesto ufficialmente ad Arpa Puglia – l’Agenzia della Regione per la protezione dell’ambiente – una specifica relazione sugli accertamenti già effettuati sulla soglia di contaminazione del gasdotto. Un doppio freno in poche ore che non fa il bene dell’infrastruttura e che riapre, inevitabilmente, le polemiche interne al Governo specie in casa M5s. (agg. di Niccolò Magnani)



TAP, SEQUESTRI E INCHIESTA SU FAIDA INQUINATA

Tap, perquisizioni e sequestri negli uffici: tre indagati, nuovi aggiornamenti sull’operazione del Noe (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri). Come sottolineato da Il Secolo XIX, gli agenti hanno effettuato dei controlli e dei sequestri nelle sedi del gasdotto di Roma, Lecce e Melendugno: un blitz legato a un’inchiesta della Procura della Repubblica di Lecce sulla realizzazione del contestato Tap, che partirà dall’Azerbaijan per approdare fino a Melendugno. Sono stati firmati dei provvedimenti di sequestro per quanto concerne il presunto inquinamento da metalli della falda acquifera e dei pozzi del cantiere San Basilio, una parte di cantiere bloccata al momento da due ordinanze del sindaco Marco Potì (vietano l’emungimento delle acque e dei lavori, ndr). Ricordiamo, inoltre, che due giorni fa il Tar del Lazio aveva esaminato il ricorso di Tap per ottenere la revoca delle ordinanze.



TRE PERSONE INDAGATE

I colleghi di Lecce Prima evidenziano che sono tre le persone indagate con l’accusa di carico abusivo di sostanze pericolose: parliamo di Clara Risso, di 58 anni, Michele Mario Elia, di 72 anni, e il project manager Italia Gabriele Paolo Lanza, di 55 anni. I carabinieri del Noe hanno eseguito un decreto di perquisizione e sequestro emesso dal procuratore capo della Repubblica di Lecce Leonardo Leone De Castris e dal sostituto procuratore Valeria Farina Valaori, con gli agenti che hanno posto sotto sequestro una “corposa mole di documenti e dati a partire dal mese di novembre dello scorso anno”. Il maggiore del Noe Dario Campanella e Arpa Puglia hanno focalizzato la propria attenzione sul possibile superamento della soglia di contaminazione di alcune sostanze, tra le quali il cromo esavalente. Attesi aggiornamenti: dopo il turbolento via libera del governo M5s-Lega, nuovi ostacoli per la realizzazione del gasdotto.