Non c’è pace per la giovane Hina Saleem, 20enne uccisa dal padre nel 2006. La sua unica “colpa”, quella di aver deciso di vivere troppo all’occidentale. Dopo che un benefattore le ha donato una lapide, il suo nome continua ad essere tristemente al centro della cronaca per un altro fatto increscioso. La sua foto è scomparsa dalla lapide. Non un atto vandalico bensì un gesto deliberato da parte del fratello della vittima, Suleman, 26enne e definito il capofamiglia dopo l’arresto del padre accusato dell’omicidio della figlia. Il ragazzo ha spiegato la sua scelta spiegando che in quella foto la sorella appariva “troppo spogliata” solo perchè indossava una canottiera rosa definita poco rispettosa per essere sfoggiata su una tomba. Ricordiamo che per quel delitto il padre, Mohammed Saleem è stato condannato a 30 anni di reclusione mentre i due cognati a 17 anni e lo zio complice a due anni. Nonostante l’indicibile agguato, Hina non può ancora trovare la pace che merita. La rimozione della sua foto oggi rappresenta forse il desiderio di rimozione di una esempio di vita che la ragazza ha pagato con la sua morte violenta. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



SULEMAN “ERA TROPPO SPOGLIATA”

Hina Saleem, la giovane pakistana uccisa 12 anni fa a Brescia semplicemente perché voleva vivere all’occidentale, è tornata al centro delle cronache. Il Giorno ha riportato nella giornata di ieri la notizia riguardante lo “strano” gesto compiuto dal fratello, che ha deciso di togliere la foto dalla lapide della sorella, perché su quello scatto la giovane è stata ritenuta poco vestita. Quella lapide venne omaggiata alla famiglia Saleem da parte di un anonimo benefattore, che decise appunto di rendere onore alla povera Hina con un monumento degno. Sajed Shah, il referente dell’associazione Muhammadiah, aveva però subito condannato quel gesto: «E’ stato compiuto un errore grave – disse all’epoca dei fatti, estremamente contrariato – è vero che Hina non era praticante, ma era comunque musulmana. La nostra religione vieta le foto per i defunti». Il fratello non si p opposto alla lapide ma semplicemente non approva quella foto posta in ricordo della sorella uccisa dal padre, in complicità con altri parenti. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



HINA SALEEM, NON C’E’ PACE PER LEI

Non trova pace Hina Saleem, la ventenne pakistana uccisa dal padre dodici anni fa a coltellate perché «troppo occidentale». Nei giorni scorsi è stata staccata la sua foto dalla lapide. È stato suo fratello Suleman, che parla di «questioni di decoro». La scorsa primavera un benefattore anonimo decise di far realizzare una lapide: ci fece mettere una stella, la luna e una dedica: «La tua famiglia». C’era anche una foto di Hina Saleem, ma quell’immagine ora non c’è più. Suleman ha spiegato il motivo: «Non andava bene, non era una fotografia rispettosa». Come riportato dal Corriere della Sera, ne ha parlato con la sua famiglia, quindi ha escluso il coinvolgimento della comunità musulmana. Anche perché l’Islam vieta i ritratti dei defunti. «Non importa, io non la penso così», la replica del fratello di Hina Saleem, che ringrazia colui che ha pagato la lapide, visto che la sua famiglia non poteva permettersela, ma non arretra. «Sceglierò una foto più adeguata e decorosa per ricordare mia sorella, una in cui appare più coperta».



HINA SALEEM, FRATELLO STRAPPA FOTO DALLA LAPIDE

Hina Saleem aveva solo venti anni quando nell’estate del 2006 fu uccisa a coltellate dal padre, poi fu seppellita con l’aiuto di alcuni parenti nel giardino di casa, a Ponte Zanano di Sarezzo, in provincia di Brescia, con il capo rivolto verso la Mecca. Nella foto sulla lapide appariva sorridente, con una canottiera fucsia e i riccioli neri sciolti sulle spalle. Ma quell’immagine non andava bene. «Vede, è un po’ come quando vuoi andate in chiesa, mica lo fate in ciabatte e pantaloncini. Ci sono entrato anch’io in una chiesa, sa? Facevo il grest, da ragazzino. E ricordo bene che il parroco ci diceva di coprirci. Il principio è lo stesso: il ritratto di Hina che c’era sulla sua tomba non era rispettoso». Questa la spiegazione fornita al Corriere della Sera dal fratello Suleman. Quando avvenne il massacro era in Pakistan con la madre Bushra. A casa dunque c’era solo il padre che coinvolse uno zio materno di Hina Saleem, condannato poi per concorso in occultamento del cadavere, e i suoi generi. La Cassazione, confermando la condanna a 30 anni per il padre, scrisse che Hina non fu uccisa per «motivi religiosi e culturali», ma per «un patologico e distorto rapporto di possesso parentale».