NEW YORK — E’ New York City che ha bisogno di Amazon o Amazon che ha bisogno di New York City? E’ il talk of the town, quello di cui tutti parlano in questi giorni.
La risposta più immediata, quella che ci può dare il cosiddetto uomo della strada (e questa è una città fatta di milioni di persone per la strada) è che certamente New York City non aveva bisogno di Amazon. Lo stesso uomo della strada ci dirà anche che probabilmente per un miliardo e settecento milioni di tax credit dallo Stato e centinaia di milioni sempre in risparmio fiscale offerti dall’Amministrazione della città, poche aziende avrebbero rifiutato. Quindi se non proprio per “bisogno”, diciamo che in questo affare la sua bella “convenienza” Amazon ce l’ha trovata.
E Amazon non è un’azienda qualsiasi. 613mila dipendenti, ricavi per 178 miliardi di dollari… il tutto nascosto dietro lo schermo del computer, perché di Amazon noi, gente comune, è tutto quello che vediamo: schermo del computer e scatoloni con su quello sbaffo nero che ci sorride annunciando il buon esito del nostro shopping virtuale. Tutti la odiamo e tutti la usiamo. La odiamo perché ci ha insegnato a comprare senza toccare, perché ha ucciso quello che una volta era un mondo fatto di negozi, negozietti e negozianti; l’amiamo perché ci semplifica la vita e ci fa risparmiare.
Adesso Amazon viene a New York con nuovi uffici. Per convenienza, e magari anche un po’ per amore. Chi è che non ama New York City almeno un pochino? Chi è che non la guarda come un bambino guarda la vetrina di un negozio di giocattoli a Natale? Tutti vogliono venire a New York, ogni business sogna di essere presente a New York. Sono le persone qualsiasi che ci son venute da un pezzo che non riescono più a starci. Noi, per esempio. L’ho scritto e lo riscrivo: questa città travolgente e affascinante che ci consuma e che amiamo intensamente per la sua cruda vivezza sta diventando un posto per soli ricchi e turisti. Un posto fasullo. Certo che c’è ancora vita vera, ma la strada imboccata è quella che porta a Disneyland. La venuta di Amazon non fa che accelerare il processo.
Fortuna che abbiamo un sindaco comunista. Lo sapete che il nostro sindaco ha trascorsi da aspirante rivoluzionario marxista con tanto di appoggio ai Sandinisti e viaggio di nozze a Cuba?
C’è qualcuno che si ricorda le promesse elettorali di de Blasio? Per far capire quanto fosse progressista aveva persino scomodato Dickens ed il suo Tale of the Two Cities, la città dei ricchi (naturalmente cattivi) e quella dei poveri (ovviamente buoni), ed uno dei cavalli di battaglia era stato l’Affordable housing – alloggi a prezzi accessibili – per i meno abbienti…
Amazon rientra nella categoria?
Bill de Blasio, il nostro sindaco che non si presenta mai al lavoro prima delle 11 (perché prima va in palestra) e Andrew Cuomo, il nostro governatore abilissimo opportunista nel gestire il suo potere, pur appartenendo allo stesso partito (Democratico) non si sono mai potuti vedere. C’è voluta Amazon per realizzare il miracolo della riconciliazione.
Rudolph Giuliani, Michael Bloomberg: i sindaci del grande ribaltamento di New York, i sindaci dei miei primi anni qui. Gente eletta e rieletta, ed ancora rieletta non in ragione del partito di appartenenza, ma per la loro capacità progettuale e l’energia di lavoro. “Conservatori” votati a valanga dalla città più liberal d’America. Quando ancora l’ideologia non era l’unico criterio di scelta.
Ci voleva il sindaco “comunista” per portar qua la Regina del nuovo commercio, per barattare il vivere, l’abitare ed il portare avanti un business in questa città in cambio di (forse) 10mila posti di lavoro che verranno occupati da chissà chi.
Long Island City, quella splendida area del Queens a ridosso dell’East River dalle vedute mozzafiato, non aveva bisogno dell’arrivo di Jeff Bezos per rendere improponibili affitti già da record.
Non si fosse capito, no, New York City non aveva bisogno di Amazon, ma il potere e la politica sì.