“Il fallimento della ricostruzione è sotto gli occhi di tutti, i numeri sono impietosi. Solo a Teramo abbiamo ancora 4mila sfollati e i cantieri non partono. È una situazione gravissima, inaccettabile”. Il sindaco di Teramo, Gianguido D’Alberto, alla guida di un’amministrazione di centro-sinistra e critico sul lavoro svolto in due anni, dal terremoto del 30 ottobre 2016, le parole le pronuncia davanti ai suoi colleghi, all’incontro che il commissario per la ricostruzione Piero Farabollini ha voluto non tanto per celebrare la ricorrenza quanto per delineare le tracce da seguire per l’immediato futuro.



Che qualcosa anzi troppo non abbia funzionato lo sottolineano tanti sindaci e il nuovo commissario cerca di dare risposte da una parte positive, dall’altra tranquillizzanti per chi vive nei territori del cratere sismico. “I territori colpiti dal terremoto sono al centro della ricostruzione, sono al lavoro per accelerare i tempi — ha sottolineato Farabollini —. I governatori non sono stati esautorati dal Governo ma bisogna semplificare. Sono un tecnico nominato per accelerare la ricostruzione e userò le procedure che sono già state impostate, insieme a tutte le istituzioni che amministrano il territorio, con cui voglio avere la massima collaborazione, per avviare una ricostruzione efficiente ed efficace”.



Parole che denotano la buona volontà del commissario ma anche il fatto che il verbo accelerare sottintende un sistema che fino ad oggi non ha funzionato, e che deve ripartire dalla prima marcia per trovare una giusta velocità di crociera. La novità è un’ordinanza, la numero 69, emanata due giorni fa nel coordinamento con i presidenti di Regione. “Abbiamo prorogato fino al 31 dicembre il termine per la presentazione dei danni pesanti — ha aggiunto il commissario —. Il Governo ha intenzione di prorogare fino al 2020 la struttura del commissario e ha la ferma volontà di prorogare anche il personale assunto nei Comuni. Non ho la volontà di scavalcare o esautorare nessuno, ho la volontà di andare nei territori, collaborando con tecnici e sindaci, valutando la congruità del personale. La ricostruzione deve garantire l’incolumità di chi vive in quel territorio, non si può rincorrere sempre l’emergenza che costa 10 volte di più. La ricostruzione deve garantire lo sviluppo economico e il futuro dei territori. Al centro delle costruzioni ci saranno i territori”.



I problemi più importanti sono quelli quindi legati alla ricostruzione, per molti sindaci alla necessità di incrementare il personale negli appositi uffici per far fronte alle centinaia di pratiche. Per questo c’è chi sorride dopo aver letto un pezzo di Repubblica che sottolineava le lamentele di chi non riusciva più a leggere un quotidiano cartaceo a causa delle chiusure delle edicole dopo il terremoto. Sorridono coloro che hanno visto le edicole chiudere non tanto per il sisma ma per il crollo delle vendite. A Campotosto, scrive Repubblica, il giornale lo portano gli operatori del 118 che salgono per il servizio nel paese accanto alla diga. Probabilmente una o due persone si scambieranno il quotidiano, ma nessuno o quasi lo leggeva anche prima del terremoto. Basta ricordare che fino a qualche anno fa c’era l’edizione abruzzese di un quotidiano romano che ha chiuso, licenziando i giornalisti, proprio perché terremoto o non terremoto nei paesi montani dell’Abruzzo i quotidiani non si vendevano e i costi della distribuzione non rendevano proficua la consegna alle edicole. I giovani, e anche le generazioni di mezzo, ormai le notizie le leggono su smartphone e tablet, gli anziani guardano il Tg4 anche se orfani di Emilio Fede. Tutto il resto sono notizie che non trovano un reale riscontro nella vita quotidiana. Le uniche notizie che si vogliono conoscere, ma da fonti dirette, sono quelle che parlano di stati di avanzamento nel recupero di ciò che il terremoto ha distrutto.