Raggi, se ci sei, batti un colpo. Glielo chiedono da due anni e mezzo i romani, pazienti, perché sanno bene che prima di lei non erano rose e fiori, e che per cambiare ci vogliono tempo, uomini, mezzi, collaborazione da parte di altri organismi di governo, e procedure burocratiche volutamente lente che frenano gli appalti virtuosi. Raggi di colpi ne ha battuti pochi, e va bene che c’era il processo e si sentiva a scadenza limitata.
Adesso, assoluzione piena ottenuta, qualche colpo lo vuol scoccare col botto, e così ha fatto con lo sgombero forzato delle abitazioni dei Casamonica, alla periferia del Quadraro. Non saranno proprio ville, data la zona e l’alto tasso di cattivo gusto, ma per tanti che faticano a tirare avanti fino alla fine del mese e si vedono rapinare dai pargoli dei boss di zona, vedere le ruspe tirar giù cavalli dorati e colonne ioniche dev’essere stata una bella soddisfazione.
L’operazione è stata orchestrata bene, è parsa davvero la sfida della sindaca alla riscossa: convocazione dei giornalisti nel cuor della notte, quasi 600 vigili urbani sull’attenti, nessun preavviso, prima cittadina e ministro dell’Interno a controllare. Tiè. Dato che da trent’anni i decreti di sfratto erano stati firmati e mai nessuno aveva provveduto ad eseguirli, un successo.
Peccato che i manifestanti abituali precettati ad ogni occasione non abbiano avuto la voglia di applaudire almeno metaforicamente, sventolando bandiere colorate per ribadire la presenza dello Stato, per veder ristabilito un principio di giustizia in terre desolate dove la legge è un optional, e si deve chinar la testa davanti alla tronfiaggine di nomadi che non nomadano affatto, per riprendere una delle più felici espressioni di Giorgia Meloni. Perché nei lunghi viaggi non hai bisogno di rubinetti dorati e statue di levrieri in similbronzo.
Invece nulla, perché Salvini è di destra qualsiasi cosa faccia, anche se buona; e la Raggi avendo lavorato nello studio dell’avvocato di Previti si porta dietro quest’onta, eterna; e come la mettiamo con l’accusa di razzismo, che vale sempre, ma per questi rom ricchi forse un po’ meno?
I salotti riformisti della capitale si interrogano su che posizione prendere: difendere i rom, tanto più se sono a qualche chilometro dai loro quartieri, o fare un’eccezione per questi capoclan così volgari? Non sarà un assist al verdimaio?
Una sola cosa non mi torna: la sindaca ha specificato con orgoglio che finalmente la città ritrovava la presenza dello Stato per troppo tempo e vanamente invocato. Ma se lo Stato è presente, c’è bisogno di scomodare 500 vigili per 30 membri di un clan, comprese donne e ragazzini, benché strafottenti, ostili e temibili? Mancavano l’esercito e la marina. E’ così chiara oggi ai cittadini del Quadraro la forza serena ma ferma del governo del paese? E quale Stato, quello del sindaco grillino o del Capitano che accorre per incassare le rendite di un lavoro non suo?