Dopo la firma a Caserta dell’accordo sulla terra dei fuochi, i rifiuti sono spariti dai media, ma non dalle discariche. Per Antonio Ballarin Denti, docente di fisica dell’ambiente nell’Università Cattolica di Brescia e presidente del comitato scientifico della Fondazione Lombardia per l’ambiente, il modello-Lombardia è buono anche per le Regioni del Sud.
Salvini voleva un inceneritore in ogni provincia campana. E’ una soluzione sensata?
Fare per ogni provincia un impianto che, per essere remunerativo, deve avere la dimensione richiesta da un’evidente economia di scala, sarebbe eccessivo, perché assorbirebbe di fatto tutta la massa di rifiuti prodotti impedendo il recupero di materie come carta, vetro, metallo e umido compostabile. Ma non è l’unico problema.
Cos’altro, professore?
Si avrebbe un effetto di “diseducazione ambientale” dei cittadini che non verrebbero più responsabilizzati a impegnarsi in una seria raccolta differenziata.
Lei cosa proporrebbe?
Un paio di impianti della taglia di quelli operanti a Milano o Brescia basterebbero per l’intera regione Campania in una logica di complementarietà con la raccolta differenziata.
Come commenta la proposta avanzata da Di Maio di una norma che preveda “meno Tari per chi produce meno immondizia”?
La prima regola d’oro nella gestione dei rifiuti e quella di diminuirne la produzione alla fonte. Ciò riguarda sia l’industria dei prodotti alimentari e casalinghi, che deve ridurre il loro confezionamento (packaging), sia il settore del commercio e della distribuzione attraverso il recupero, ad esempio nei supermercati, dei contenitori in vetro e plastica, sia i cittadini grazie ad una sempre più accurata raccolta differenziata. E’ necessario quindi applicare sia incentivi sia adeguate tassazioni per favorire l’impegno di tutti gli attori della “produzione del rifiuto”.
Il protocollo firmato a Caserta è più che altro dedicato al monitoraggio del territorio e della salute, non prevede inceneritori. Cosa bisogna fare?
L’Unione Europea, per creare un vero sviluppo sostenibile, ci chiede di attuare una completa economia circolare basata sul massimo recupero possibile di materie seconde dai rifiuti. Ciò implica potenziare al massimo la raccolta differenziata: tuttavia esistono frazioni consistenti dei rifiuti urbani che, per motivi economici o gestionali, non si prestano al recupero in termini di materia. Dobbiamo allora sfruttarli per recuperare energia termica, valorizzando così l’intero ciclo di un’autentica economia circolare fondata sul recupero sia di materia che di energia.
Perché il Nord Italia non ha problemi di rifiuti e il Sud sì?
L’esperienza della Lombardia è esemplare. Dopo la grave crisi dei rifiuti dei primi anni 90 ci si è mossi in una triplice direzione: favorire una seria raccolta differenziata verso e oltre il 50 per cento del totale dei rifiuti, utilizzare la frazione umida per produrre un compost pulito e valido per gli impieghi agronomici, e costruire due-tre moderni termo-utilizzatori sostituendo vecchi impianti obsoleti e pericolosi per la salute umana.
La strategia ha funzionato?
Sì, ha funzionato bene. Ormai la percentuale di rifiuti conferiti in discarica è quasi nulla e il recupero di materia e di energia è utile per l’intera economia regionale. Basterebbe trasferire questo modello anche ad altre regioni.
Gli impianti italiani vanno ammodernati o bisogna costruirne di nuovi?
In Italia ci sono ancora molti impianti obsoleti e “sporchi” che andrebbero immediatamente dismessi. Occorrono al loro posto pochi impianti moderni, ad alta tecnologia per un efficace controllo delle emissioni, dislocati solo in punti strategici del territorio nazionale, dove il recupero energetico può alimentare reti urbane di teleriscaldamento, sostituendo l’uso di combustibili fossili per la produzione di energia termica ed elettrica.
Ma la nostra tecnologia è obsoleta rispetto a quella europea o è adeguata?
Gli impianti di Milano e Brescia sono del tutto allineati alle più avanzate tecnologie impiegate da paesi leader in questo settore come Germania, Svezia, Olanda e Danimarca.
L’obiettivo è renderci “autonomi” rispetto ad altri paesi?
Inviare i propri rifiuti all’estero è poco dignitoso da un punto di vista politico, insensato da un punto di vista ambientale (si pensi solo alle modalità di trasporto) e svantaggioso da un punto di vista economico, perché ci carica di costi e ci priva delle risorse che i rifiuti possono rappresentare.
(Federico Ferraù)