Il giallo di Matilda Borin, la bambina morta il 2 luglio del 2005 all’età di soli 23 mesi, rischia di rimanere irrisolto. In questi 13 anni l’accusa ha sempre cercato di trovare un responsabile, ma nella giornata di ieri si è arresa, troppo poche le prove a carico dei principali indiziati, leggasi la madre della stessa piccola, Elena Romani, e il compagno Antonino Congialosi: «Oggi Matilda avrebbe 15 anni – le parole proferite ieri dal sostituto procuratore generale Marcello Tatangelo, rivolte ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Torino – e non abbiamo certezze su chi l’abbia uccisa. È una sconfitta della giustizia. Ma sarebbe una sconfitta anche condannare un innocente per trovare a tutti i costi un colpevole. Io mi sono fatto un’idea su chi sia il colpevole. Ma è solo un’idea. E dirvela, in mancanza di prove chiare, non sarebbe utile. Fossi in voi non condannerei Antonino Cangialosi, come non avrei condannato Elena Romani». Al termine di una requisitoria di sei ore, viene quindi confermata l’assoluzione già pronunciata in primo grado a Vercelli nel 2016, nei confronti dell’imputato accusato di omicidio.
OMICIDIO MATILDA BORIN: L’ACCUSA SI ARRENDE
Il 27 ottobre del 2011 era stata invece assolta dalla stessa accusa la mamma, e di conseguenza, a più di 13 anni da quei tragici eventi, la verità resta nascosta dal mistero. Matilde Brandi è morta dopo un colpo alla schiena che le ha provocato uno shock emorragico, una perdita di coscienza e la conseguente morte. Peccato però che nessuna delle perizie medico-legali disposte dai giudici, come sottolinea Repubblica, sia stata in grado di capire chi abbia colpito la bambina, e soprattutto, di sciogliere ogni dubbio in merito al fatto che quel gesto sia stato volontario o meno. «Gli esperti hanno dato interpretazioni drammaticamente differenti sugli stessi elementi di prova – ha aggiunto Tatangelo – siamo nel campo della prova indiziaria e la quasi totalità degli indizi è probatoriamente neutra. Su chi sia stato a colpire Matilda non c’è certezza». Secondo Roberto Scheda, parte civile per Elena Romani, l’errore fu commesso a monte: «Bisognava processare entrambi per omicidio, ma si decise di procedere solo per la mamma di Matilda. Sbagliando».