Filomena Lamberti è una testimonial, purtroppo terribilmente nota, di cosa può accadere ad una donna che subisce le violenze del marito. Nessuno però sapeva che l’11 giugno scorso Papa Francesco le aveva scritto una lettera chiedendole scusa a nome dell’umanità che non sa chiedere scusa. “Gentile cara Filomena, mi atterrisce pensare alla crudeltà che ha deturpato il suo volto offendendo la sua dignità di donna e di madre. Le chiedo scusa e perdono, facendomi carico di un’umanità che non sa chiedere scusa a chi, nella predominante indifferenza, viene quotidianamente offeso, calpestato ed emarginato”.



Avviene ieri, in diretta, durante la trasmissione “A Sua Immagine” dedicata alla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Filomena ha rievocato i 35 anni in cui è stata del tutto sottomessa al marito Vittorio, assillato dalla gelosia e dalla volontà di controllo di ogni movimento della donna. La vita di Filomena diventa una sorta di prigione, in cui oltre al lavoro e alla permanenza in casa, si susseguono le botte del marito fino a quando si accorge che il figlio maggiore dà uno schiaffo alla fidanzata. Allora comprende che la situazione non è più tollerabile e chiede la separazione, senza però poter mettere distanza tra sé e il marito neanche quando scopre dell’acido nel borsello di chi avrebbe dovuto esserle compagno amorevole. La tragedia culmina la notte del 28 aprile di sei anni fa, quando proprio quel liquido le viene gettato in faccia dal coniuge mentre lei è a letto. È uno dei tre figli a soccorrere Filomena e a condurla in ospedale, in condizioni gravissime. Vittorio viene arrestato, mentre la donna lotta a lungo per sopravvivere e riesce a fatica a superare le gravi lesioni riportate. Processato, Vittorio patteggia e in carcere resta solo per un anno e tre mesi, tornando quindi in libertà dove continua a ripetere “se l’è meritato, lo rifarei”.



Oggi Filomena ci ha voluto far sapere che, a proposito della violenza sulle donne, Papa Francesco non ha voluto fare un discorso Urbis et Orbis ma ha scritto a lei, una donna sfregiata con l’acido dal marito,  per chiederle scusa. Il rischio delle ricorrenze “mondiali” infatti è che, seppur necessarie, finiscano per emancipare ciascuno di noi dallo sforzo di immergersi nelle singole vite, dal dovere di soffermarsi sulla vita con nome e cognome, quella che ha un volto sfregiato.

Come Gesù, il Papa tocca e si fa toccare da una vita particolare. Bergoglio sa di non potere salvare tutti e arrivare a tutti e allora, manifestando così vera umiltà, arriva a una, la chiama per nome, accoglie la sua storia di sofferenza, la carezza e le dà parole di dolcezza e di scusa.



La tendenza a generalizzare è spesso il primo passo verso l’ideologia, il fondamentalismo, perché ci consente con grande facilità di non provare quell’empatia che scatta quando incontri la vita singola: evita la sintonia che chiede impegno in prima persona e solidarietà vera a quella donna che magari non si ribella alla violenza perché pensa, sbagliando, che in quel modo salva la propria relazione e quella della propria famiglia.

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