Quella che si è celebrata oggi davanti ai giudici della Corte d’assise di Roma per la morte di Stefano Cucchi è stata un’udienza densa. Sul banco dei testimoni sono finiti due infermieri e poi la pubblica accusa ha depositato le intercettazioni che arrivano dalla nuova inchiesta per depistaggio in cui si ritorna sull’atto relativo alle condizioni di salute del detenuto, modificato per un ordine superiore. C’è un’intercettazione in cui Francesco Di Sano, piantone alla caserma di Tor Sapienza, dice parlando con il cugino, l’avvocato Gabriele Di Sano (anche lui indagato): «Loro mi dicevano “non cambia nella sostanza perché è scomparso questo”: i dolori al costato sono diventati dolori alle ossa». C’è poi un’altra ammissione: «Dal pm io sono andato impreparato, con l’ansia perché lui ti intimorisce proprio. Io non ho fatto nulla… ma il reato c’è per carità di Dio, risponderò di quello ma ripeto c’è la buona fede… per me sono identiche le due annotazioni, cioè cambia solo la sintassi». Sempre intercettato, Di Sano spiega che l’annotazione sulle condizioni di Stefano Cucchi sarebbe stata modificata su ordine gerarchico. «Per me era un detenuto come tutti gli altri, io ho fatto più del mio dovere, l’ho fatto in maniera impeccabile… io ho eseguito un ordine in buona fede». E aggiunge di aver ricevuto l’ordine dal comandante di stazione, di aver ricevuto da lui la mail. «Questi vogliono arrivare ai vertici. Pensano che hanno ammucciato (nascosto, ndr) qualche cosa, ma ci posso entrare io carabinericchio di sette anni di servizio a fare una cosa così grande?». Gli atti sono stati depositati nell’udienza. (agg. di Silvana Palazzo)
NUOVI TESTI, CONVOCATO CAPO SQUADRA MOBILE ROMA
Dopo la notizia dell’intercettazione audio, ne arriva una sulla convocazione in aula di Luigi Silipo, capo della Squadra mobile di Roma, al processo per la morte di Stefano Cucchi. La Corte d’assise di Roma ha ammesso la richiesta di integrazione probatoria fatta dal pm Giovanni Musarò e relativa all’attività di indagine successiva alle dichiarazioni di Francesco Tedesco, uno dei cinque carabinieri imputati. Ricostruì i fatti della notte dell’arresto di Cucchi, indicando due suoi colleghi come autori del pestaggio. Dopo le sue rivelazioni, altri testi sfileranno in aula. Per la Corte sono «temi di prova collegate a questo processo» anche le testimonianze di altri due poliziotti della Squadra mobile di Roma, dei comandanti delle stazioni dei carabinieri Appia e Tor Sapienza e della sorella del carabiniere che ha fatto luce sulla vicenda. Ora il rappresenterà dell’accusa dovrà decidere la data dell’esame: probabile che avvenga in una delle udienze di dicembre. «L’accoglimento delle richieste avanzate dall’Ufficio di Procura consentirà alla Corte di Assise di vagliare ulteriori elementi che appaiono indubbiamente utili all’accertamento dei fatti», il commento dell’avvocato Eugenio Pini, che assiste il carabiniere Tedesco, come riportato dal Messaggero. (agg. di Silvana Palazzo)
NUOVA PROVA SUL DEPISTAGGIO
La notizia di oggi in merito al processo bis per la morte del povero Stefano Cucchi, è l’intercettazione audio pubblicata da Repubblica, in cui vengono di fatte confermate le responsabilità dei vertici dei carabinieri in merito al depistaggio nelle indagini sulla morte del 31enne geometra. In attesa di ulteriori risvolti, Ilaria Cucchi, la sorella della vittima, ha allungato la lista di querele in risposta alla “campagna di odio e fango – come scriveva la stessa su Facebook – contro la mia famiglia”. Fra le decine di denunce già effettuate, quella di un medico ferrarese, il 63enne Giuseppe Buraschi, che lo scorso 4 ottobre aveva pubblicato sulla pagina di Stefano Paoloni, segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia, tale commento: «Questa è una mitomane pronta a tutto – le parole indirizzate alla stessa Ilaria – la morte di suo fratello si è rivelata essere una gallina dalle uova d’oro per lei e per la sua famiglia». La Cucchi ha commentato l’episodio, definendolo: «Espressioni ingiuriose e gravemente diffamatorie e del tutto destituite di ogni benchè minimo fondamento di verità che oltrepassano ogni limite di continenza verbale aggravata dalla diffusione di tali contenuti all’interno di discussioni pubbliche a carattere fortemente divulgativo su piattaforme cd. Social». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
L’AUDIO DELL’INTERCETTAZIONE
Caso Cucchi, intercettazione. E’ una lunga telefonata quella che intercorre fra il maresciallo Massimiliano Colombo Labriola, comandante della stazione dei carabinieri di Tor Sapienza, e l’appuntato Gianluca Colicchio. E’ pubblicata oggi dal sito Repubblica (qui la potete ascoltare), ed è stata intercettata dagli agenti della Squadra Mobile della Polizia alle ore 15:00 dello scorso 22 settembre, già depositata dal pubblico ministero Giovanni Musarò. Si tratta di una sorta di “prova regina”, che conferma o comunque prova che i vertici dell’arma dei carabinieri di Roma hanno dato vita a depistaggi per sviare gli inquirenti. Dalle parole di Colombo Labriola, traspare la sorpresa in merito alle accuse nei suoi confronti, e lo stesso comandante rimanda il tutto ai vertici dei carabinieri: «Se hanno indagato me, allora dovranno indagare Cavallo, dovranno indagare Casarsa e Tomasone». Colicchio, nella chiacchierata, asserisce alle parole di Colombo, dicendo “E certo, anche perché Cavallo fece la richiesta di cambiarle (le parole sullo stato di salute di Cucchi ndr)”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
NUOVA INTERCETTAZIONE SUL CASO CUCCHI
Cucchi, intercettazione audio. Nuova intercettazione emersa nel corso del processo Cucchi bis. A parlare è il maresciallo Massimiliano Colombo Labriola, che al momento della chiacchierata, ha da poco ricevuto un’informazione di garanzia per falso ideologico: «Se hanno indagato me – le parole pubblicate da Repubblica, risalenti ad un’intercettazione dello scorso 22 settembre – allora dovranno indagare Cavallo, dovranno indagare Casarsa e Tomasone». Il colloquio in corso è fra Colombo Labriola, il comandante della stazione di Tor Sapienza, e Gianluca Colicchio; il maresciallo, stando a quanto emerge dalle sue dichiarazioni, si dice sorpreso di aver ricevuto l’avviso di garanzia per la falsificazione dei verbali in merito allo stato di salute di Stefano Cucchi dopo il pestaggio nell’ottobre del 2009. Di conseguenza tira in ballo anche il tenente colonnello Francesco Cavallo, all’epoca dei fatti, vice comandante del Gruppo carabinieri Roma; il colonnello Alessandro Casarsa, ex comandante del Gruppo carabinieri Roma nonché attuale numero uno del reggimento corazzieri del Quirinale; infine, il generale Vittorio Tomasone, comandante interregionale per l’Italia meridionale ex comandante provinciale dei carabinieri romani.
CUCCHI, INTERCETTAZIONE AUDIO
Secondo quanto sottolinea Repubblica, tali dichiarazioni sono ritenute “chiavi” per ricostruire “la genesi di alcuni dei falsi disposti dalla catena di comando dell’Arma di Roma”, nonché fondamentali per nascondere la reale versione dei fatti. Il quotidiano spiega che Colombo Labriola chiama Colicchio perché è quest’ultimo che conosce, assieme all’appuntato Francesco Di Sano, la storia dei falsi: «Chi li ordinò, chi fece pressione perché all’ordine venisse dato corso». Si conferma inoltre il fatto che l’intera catena di comando fosse al corrente «di quella cruciale manipolazione di atti destinata a indirizzare la ricerca della verità lontano dai responsabili del pestaggio», ovvero, quei carabinieri in servizio alla stazione Appia, che arrestarono Stefano la notte fra il 15 e il 16 ottobre di 9 anni fa. Un nuovo capitolo di questo processo infinito, che indirizza sempre di più le indagini verso una sola direzione.